[Alexander Blok]Aleksandr Aleksandrovic Blok nacque a Pietroburgo nel 1880. Dopo il divorzio dei genitori trascorse l'infanzia con la madre da cui ereditò una raffinata sensibilità artistica. Nel 1903 sposò Ljubov' Dmitrevna Mendeleeva, come lui appassionata di teatro e letteratura. Dopo la rivoluzione, il governo bolscevico affidò a Blok numerosi incarichi ufficiali, ma il poeta era ormai minato da una profonda stanchezza. Morì a Pietroburgo nel 1921.
Alla compagna Lubov' Mendeleeva sono dedicati i primi versi di Blok che, apparsi in rivista nel 1903, suscitarono l'entusiasmo dei circoli decadenti e simbolisti di Pietroburgo e di Mosca. Nei Versi sulla Bellissima Dama (1904), densi di allusioni mistiche e metafisiche, Blok cantò sulle tracce della filosofia di Solov'ëv il culto di Sofia, ipostasi dell'"eterno femminino".


Una profonda crisi spirituale, cui non fu estraneo il fallimento dei moti del 1905, provocò presto una radicale trasforma zione del suo atteggiamento. Con il testo teatrale La baracca dei saltimbanchi (1907), Blok rinnegava improvvisamente il ruolo di poeta-vate, vagheggiato dalla prima generazione simbolista, schernendo ferocemente sé stesso e i suoi ex compagni. La rottura di Blok con il simbolismo ufficiale fu violenta e tormentata. L'itinerario di Blok dal soprasensibile al mondano continuò con la sua seconda raccolta di liriche in cui la Bellissima Dama è diventata un fantasma ubriaco, una prostituta: la Sconosciuta protagonista oltre che di una famosa poesia, anche dell'omonimo dramma (1907). Il paesaggio della lirica di Blok, si legga La maschera di neve (1907), è ora la Pietroburgo nebbiosa e livida della periferia, immersa in un malefico torpore che suggerisce al poeta ritmi di una musicalità sfumata e struggente, rimasta poi come esempio della melodiosità del verso russo.
Nel terzo volume di liriche di Blok, Il mondo terribile (1909-1916), gli elementi grotteschi e macabri prima impliciti si rispecchiano direttamente in un paesaggio urbano che si spalanca ad allegoria del vuoto universale. A tratti, l'amore per la patria detta al poeta versi in cui la terra russa assume sembianze umane, affettuose. Ma perloppiù anche questa visione è attraversata, come nel dramma La rosa e la croce (1913), da oscuri presentimenti di catastrofe.
Negli anni della rivoluzione Blok subì l'influsso della sinistra social-rivoluzionaria e dello scitismo, il messianismo mistico- rivoluzionario predicato da Ivanov-Razumnik, che gli ispirò i poemi Gli Sciti , e I dodici (1918). Ne "I dodici", usando ritmi e cadenze della canzone popolare, Blok tratteggiò un quadro allegorico della patria, percorsa come da una tormenta, dalla sanguinosa violenza rivoluzionaria. I «dodici» sono guardie rosse che si trasfigurano, nel finale, nei dodici apostoli.
L'opera di Blok costituisce una specie di diario lirico: rispecchia le sue tormentate metamorfosi umane, è istintiva, quasi medianica. Nel simbolismo russo, alla cui definizione contribuì anche con importanti saggi critici come "La situazione attuale del simbolismo russo" (1910), e di cui resta il maggiore esponente, Blok trovò l'ambito più congeniale alla ineluttabilità ipnotica che guidava la sua scrittura. Al simbolismo russo portò anche, con i soprassalti della sua furiosa instabilità, una critica interna, proponendone e in qualche misura attuandone un implicito superamento.

Note biografiche tratte dal sito web Antenati

Antologia di liriche

testo russo a fronte, 
traduzioni di 
Fiornando Gabbrielli


Незнакомка

 

По вечерам над ресторанами

горячий воздух дик и глух,

и правит окриками пьяными

весенний и тлетворный дух.

 

Вдали, над пылью переулочной,

над скукой загородных дач,

чуть золотится крендель булочной,

и раздается детский плач.

 

И каждый вечер, за шлагбаумами,

заламывая котелки,

среди  канав гуляют с дамами

испытанные остряки.

 

Над озером скрипят уключины,

и раздается женский визг,

а в небе, ко всему приученный,

бессмысленно кривится диск.

 

И каждыи вечер друг единственный

в моем стакане отражен

и благой терпкой и таинственной,

как я, смирен и оглушен.

 

А рялом у соседних столиков

лакеи сщнние торчят,

и пяницы с глазамн кроликов

«In vino veritas!» кричят.

 

И каждый вечер, в час назначенный,

(иль это только снится мие?)

девичий стан, шелками схваченныый,

в туманном движется окне.

 

И медленно, пройдя меж пьяными,

всегда без спутников, одна,

дыша духамн и туманами,

она садится у окна.

 

И веют древними поверьями

ее упруглие шелка,

и шляпа с траурными перьямн,

и в кольцак уская рука.

И странной блнзостью закованный,

смотрю за темиую вуаль,

и вижу берег очарованный

и очарованную даль.

 

Глухие тайны мие поручены,

мие чье-то солнце вручено,

и всей души моей излучины

пронзило терпкое вино.

 

И перья страуса склоненные

в моем качаются мозгу,

и очи синие бездонные

цветут на дальнем берегу.

 

В моей душе лежит сокровище,

и ключ поручен только мне!

Ты право, пьяное чудовище!

Я знаю: истина в вине.

 

24 апреля 1906, Озерки

La sconosciuta

 

Tutte le sere sopra i ristoranti

c’è un’aria sorda, torrida e selvaggia,

e soprintende ai gridi degli ubriachi

l’anima guasta della primavera.

 

Lontano, sulla polvere dei vicoli,

sull’uggia delle ville suburbane,

brilla appena l’insegna d’un fornaio,

e riecheggia il pianto d’un bambino.

 

E ogni sera, dietro le transenne,

con il tubino sulle ventitré,

passeggiano tra i borri con le dame

gli esperti, spiritosi habitués.

 

Scricchiolano gli scalmi sopra il lago,

e risuona lo strillo di qualcuna,

mentre in cielo s’incurva, avvezzo a tutto,

stupidamente il disco della luna.

 

E ogni sera l’unico mio amico,

riflesso dallo stesso mio bicchiere,

è come me stordito e sottomesso

da quel liquido asprigno e misterioso.

 

D’intorno, accanto ai tavoli vicini,

assonnati lacché stanno impalati,

e avventori dagli occhi di coniglio

gridano «In vino veritas!» ubriachi.

 

E ogni sera, all’ora consueta,

nella nebbia che appanna la finestra,

si muove (o è solo un sogno?) una figura

di fanciulla fasciata nella seta.

 

Lentamente, passando fra gli ubriachi,

sempre senza compagni, sempre sola,

in una scia di nebbie e di profumi

si va a sedere accanto alla finestra.

 

E sprigionano antiche confidenze

quelle sue vesti elastiche di seta,

il cappellino con le piume a lutto,

e la mano sottile, inanellata.

Stregato dalla strana vicinanza,

guardo attraverso la veletta e vedo

una riva incantata e un’incantata

lontananza affacciarsi oltre quel velo.

 

Sordi segreti  mi son confidati,

mi si dà un sole, non so di chi sia,

e l’aspro vino intanto ha penetrato

tutti i meandri dell’anima mia.

 

Molli piume di struzzo reclinate

ondeggiano qua e là nel mio cervello,

e occhi d’un azzurro senza fine

fioriscono su quella riva arcana.

 

Giace nella mia anima un tesoro,

la cui chiave – soltanto io ce l’ho!

Dicevi bene tu, mostro ubriaco:

la verità è nel vino: ora lo so.

 

24 Aprile 1906, Ozerki

 


Всё это было, было, было

 

Всё это было, было, было,

свершился дней круговорот.

Какая ложь, какая сила

тебя, прошедшее, вернет?

 

В час утра, чистый и хрустальный,

у стен московсково Кремля,

восторг души первоначальный

вернет ли мие моя земля?

 

Иль в ноч на Пасху, над Невою,

пол ветром, в стужу, в ледоход –

старуха нищая клюкою

мой труп спокойный шевельнет?

 

Иль на возлюбленной поляне

под шелест осуни седой

мие тело в дождевом тумане

расклюет коршун молодой?

 

Иль просто в час тоски беззвездной,

в каких-то четырех стенах,

с необходимостью железной

усну на белых простынах?

 

И в новой жизни, непохожей,

забуду прежнюю мечту,

и буду так же помиить дожей,

как нынче помию Калиту?

 

Но верю – не пройдет бесследно

всё, что так страстно я любил,

весь трепет этой жизни бедной,

весь этот непонятный пыл!

 

Aвгуст 1909

Ma tutto questo è stato, stato, stato

 

Ma tutto questo è stato, stato, stato,

il vortice dei giorni s’è concluso.

Che forza, che menzogna c’è, o passato,

che possa riportarti ancora a me?

 

In un mattino cristallino e puro,

sotto le mura del Cremlino, a Mosca,

mi ridarà la terra mia natale

l’entusiasmo dell’anima iniziale?

 

O la notte di Pasqua, sulla Neva,

sotto il vento, nel freddo e nel disgelo,

una vecchia barbona con la gruccia

scrollerà il mio cadavere tranquillo?

 

O sulla mia radura prediletta,

allo stormire del canuto autunno,

beccuzzerà il mio corpo nella nebbia

piovigginosa un nibbio giovincello?

 

O in un’ora d’angoscia senza stelle,

semplicemente, fra quattro pareti,

per una ferrea necessità

m’assopirò fra candide lenzuola?

 

E in una nuova, differente vita,

dimentico del sogno precedente,

saprò tutto dei dogi e di Venezia,

come adesso di Mosca e Kalità?

 

Ma non sarà passato inutilmente

tutto quello che ho amato con passione,

tutto l’ardore, il palpito di questa

povera vita senza spiegazione.

 

Agosto 1909

***

Там человек сгорел.

Фет

 

Как тяжело ходить среди людей

И притворяться непогибшим,

И об игре трагической страстей

Повествовать еще нежившим.

 

И, вглядываясь в свой ночной кошмар,

Строй находить в нестройном вихре чувства

Чтобы по бледным заревам искусства

Узнали жизни гибельной  пожар!

 

10 мая 1910.

***

Là l’uomo ha tribolato.

Fet

 

E’ duro camminare fra la gente

E fare finta di non esser morto,

E raccontare il gioco travolgente

Delle passioni che non si è vissuto.

 

Sondare dentro l’incubo notturno,

E riordinare il caos dei sentimenti,

Perché un barbaglio d’arte documenti

L’incendio disastroso della vita.

 

10 Maggio 1910


Когда-то гордый и надменный

 

Когда-то гордый и надменный,

теперь с цыганкой я в раю,

и вот – прошу ее смиренно:

«Спляшн, цыганка, жизнь мою».

 

И долго длится пляс ужасный,

и жизнь проходит предо мной

безумной, сонной и прекрасной

и отвратительной мечтой...

 

То кружится, закинув руки,

то поползет змеей, - и вдруг

вся замерла в истоме скуки,

и бубен падает из рук...

 

О, как я был богат когда-то,

да всё – не стоит пятака:

вражда, любов, молва и злато,

а пуще – смертная тоска.

 

11 июля 1910

Io che una volta ero orgoglioso e altero

 

Io che una volta ero orgoglioso e altero,

in paradiso sto con una zingara,

ed ecco che umilmente ora la prego:

« Balla, zingara, balla la mia vita».

 

E a lungo dura l’agghiacciante ballo:

la vita mi si srotola davanti

insensata, sonnambula, bellissima,

e ripugnante come un brutto sogno...

 

Ora volteggia con le braccia alzate,

ora come una serpe striscia, – e a un tratto

s’arresta, nel languore della noia,

e il tamburello cade dalle mani...

 

Ah che ricchezze ho avuto un tempo! Quanti

Tesori, che non valgon cinque lire:

amore, inimicizia, soldi e onori,

e, soprattutto, angoscia da morire.

 

11 luglio 1910

Грешить бесстыдно, непробудно

 

Грешить бесстыдно, непробудно,

счет потерять ночам и дням,

и, с головой от хмеля трудной,

пройти сторонкой в божнй храм.

 

Три раза преклониться долу,

семь – осенить себя крестом,

тайком к заплеванному полу

горячим рпикосиуться лбом,

 

Кладя в тарелку грошик медный,

три, да еще семь раз  подряд

поцеловать столетний, бедний

и зацелованний оклад.

 

А, воротясь домой, обмерить

на тот же грош кого-нибудь,

и рса голодново от двери,

икнув, ногою отпихнуть.

 

И под лампадой у иконы

пить чай, отщелкивая счет,

потом переслюнить купоны,

пузатый отворив комод,

 

и на перины  пуховые

в тяжелом завалитсья сне... –

Да, и такой, моя Россия,

ты всех краев дороже мне.

 

26 августа 1914

Peccare senza posa, né vergogna

 

Peccare senza posa, né vergogna,

senza contare i giorni né le notti,

e col cerchio alla testa dalla sbornia

cacciarsi nella casa del Signore.

 

Inchinarsi tre volte fino a terra,

e sette - farsi il segno della croce,

di nascosto sfiorare il pavimento

pieno di sputi con la fronte ardente,

 

E messo là un soldino d’elemosina,

baciare prima tre, poi sette volte,

la povera cornice dell’icona

consumata da secoli di baci.

 

Poi, sulla via di casa, raggirare

qualcuno per rifarsi del soldino,

e scacciare a pedate, fra i singhiozzi,

il randagio affamato dalla porta.

 

Bere, sotto il lumino dell’icona,

il tè, schioccando col pallottoliere,

e dischiuso il panciuto cassettone,

ricontarci i biglietti, insalivandoli;

 

e sopra l’imbottita d’un piumaccio

stramazzare nel sonno più profondo... –

Sì, Russia mia, anche così tu sei

il paese per me più caro al mondo.

 

26 agosto 1914

 

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