Un mondo di fiabe
Come un contadino sfamò due generali
di Michail E. Saltykov-Ščedrin (1826-1889)
traduzione dal russo di Demetrio Nunnari
Vissero, un tempo, due generali così avventati che, ben presto – per il sortilegio di un magico luccio1 - ebber la ventura di trovarsi su di un’isola deserta.
Avevano, costoro, prestato servizio per una vita intera presso di un qualche ufficio; là erano nati, là eran cresciuti e invecchiati e, per conseguenza, null’altro sapevano del mondo. E, per di più, non conoscevano altre parole che «rispetto» e «devozione».
Venne, però, il tempo che chiusero l’ufficio per esubero e misero i generali in congedo. Abbandonati dallo Stato, si stabilirono, i due, a Pietroburgo, sulla Pod’jačeskaja, in alloggi differenti; e avevano ciascuno la sua cuoca e una pensione. Solo che, d’un tratto, si ritrovarono su di un’isola deserta. Si svegliarono sgranando gli occhi: erano tutti e due sotto la coperta. Beninteso, all’inizio non capirono, e cominciarono così a chiacchierare come se nulla fosse avvenuto.
- Ho fatto, Vostra Eccellenza2, un sogno strano, - disse uno, - come se mi trovassi su di un’isola disabitata…
E così dicendo subito zompò in piedi! E zompò anche l’altro.
- Scritto da Michail E. Saltykov-Ščedrin
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Cola Pesce
La traduzione è di Giuseppe Iannello ed è stata pubblicata in La leggenda di Colapesce a cura di Cavarra Giuseppe, edizioni Intilla, 1998. Il testo russo sul quale è stata effettuata la traduzione è tratto dalla raccolta Morskie zkaski (Le favole del mare) a cura di Cavdara Aladzova, edizioni Sofia Press, (anno non indicato). Successivamente è stato appurato che la suddetta versione russa ricalca quasi integralmente la versione della leggenda raccolta da Italo Calvino nella sua opera Fiabe Italiane Einaudi, 1956. Abbiamo tuttavia voluto mantenere qui la traduzione già edita per meglio trasmettere l'interpretazione in lingua russa della favola.
COLA PESCE
C’era una volta a Messina una donna, il cui figlio di nome Cola, dalla mattina alla sera nuotava nel mare. La madre soleva chiamarlo dalla riva:
- Cola! Cola! Esci dall’acqua! Non sei un pesce!
Ma, col passare dei giorni, il figlio nuotava allontanandosi sempre più. E dal continuo gridare la madre s’ammalò al petto. Una volta Cola la costrinse a gridare così forte da farle perdere la pazienza e a farla arrivare al punta da esclamare nell’ira:
- Che possa diventare pesce!
- Scritto da Russianecho (trad. G. Iannello)
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