Un eremita legge per Russianecho il film di Pavel Lungin
Saggio breve di Padre Alessio
Premessa
a cura di Giuseppe Iannello
Un capolavoro assoluto della cinematografia russa e mondiale – è stato definito. E non a torto. Non è un caso che non sia arrivato nella sale cinematografiche. Chi l’ha visto, non l’ha visto al cinema, almeno in Italia. “L’isola”, il film di Pavel Lunghin, fa un'apparizione fugace alla conclusione del Festival del Cinema di Venezia nel 2006 e poi sparisce, nessuna distribuzione, neanche nelle nicchie delle sale d’essai.
In Russia invece ottiene un successo che supera le aspettative. Tutti ne parlano. Diventa un caso nazionale. Eppure l’argomento non è dei più commerciali. Non lo è affatto. Al centro dell’opera un monaco che cerca disperatamente redenzione per una colpa non perdonabile.
Come può tutto questo costituire un’attrazione per lo spettatore di una capitale come Mosca, metropoli come altre dove tutto ti puoi concedere, qualsiasi piacere, dove tutto puoi comprare, dove tutto puoi vedere e sentire …? Cinquanta, cinquanta e più sono le sale cinematografiche che hanno proiettato nella capitale della Russia “L’isola”. Il film di Lounguine è un film sull’uomo, non è un film “religioso”, edificante. Non nasce negli ambienti vicini alla chiesa ortodossa. Ma trova l’accoglienza entusiastica di buona parte di essa; fino al punto di essere mostrato anche nei seminari, quasi a dire: ecco il vostro modello.
Noi l’abbiamo visto nella nostra città, Messina, con ortodossi e cattolici, luterani e valdesi, con credenti e non credenti, agnostici e uomini dalla fede provata, con mussulmani, con anarchici, con anziani, adulti e giovani, molto giovani, gli studenti di una classe di un istituto superiore. Tutti hanno “reagito”, non sono rimasti indifferenti, tutti si sono sentiti interrogati, sono stati investiti dalla domanda di senso che prorompe dall’opera, che distrugge e rigenera. Una vera “tragedia” che nello spettatore, che si fa coinvolgere, è capace di produrre una catarsi dell’anima: c’è un prima e un dopo il film, e dopo non si è più gli stessi.
Tra i nostri compagni di “esperienza” c’è stato anche Padre Alessio, jeromonaco che ha il suo “paradiso” in un eremo non lontano dalla città. Da esso si allontana per prendersi cura delle piccole comunità ortodosse dei dintorni. Alessio, interpellato da coloro che avevano visto il film con lui, non si è fatto “pregare” e da uomo dello Spirito ha letto quelle immagini agli occhi del Vangelo, della Parola con cui ogni giorno si confronta. Gli abbiamo chiesto di mettere per iscritto le sue considerazioni. Questo quello che è venuto fuori: sette pagine dattiloscritte prorompenti di sensazioni e di richiami biblici ininterrotti. Dove i rotoli di celluloide si confondono con quelli sacri, dove non c’è più confine tra realtà spirituale e realtà terrena, perché questa è stata trasformata, trasfigurata. Da un film.
Messina, maggio 2009
"Come la terra al naufrago…" (Omero, Odissea, Libro V).
Naufragio ed approdo.Ritrovato, sbattuto dalle onde del mare su di una spiaggia deserta, di una isola solitaria, novella Ogigia, sperduta ai confini del mondo: non dell'altro, ma di questo. Dove lo soccorrono strani "angeli" in carne. Secondo il modello ascetico di vita cristiana che la Chiesa ortodossa, fedele all'insegnamento dei Padri, ripropone ai suoi fedeli, nel singolare e collettivo tentativo quotidiano di una faticosa, quanto benefica, mimesi di quel supremo archetipo di perenne immortale bellezza che esprime l’infinita tenerezza, l'amorevole comprensione di quella fragile, debole, complessa realtà umana di cui tutti facciamo interiore esperienza. Gli "angeli" monaci soccorrono un povero marinaio, naufrago, miracolato dal "destino". Veri "pescatori di uomini" del Vangelo di Cristo, si rivelano i pochi monaci, semplici religiosi, raccolti in un minuscolo monastero russo, sorgente da una minuscola isoletta appena emergente dalle acque del mare.
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Il fuoco della colpa.Per un credente come lui, non c'è acqua, fiume, lago, mare capace di spegnere le fiamme dell'inferno; se non con le lacrime, di dolore, che copiose gli scendono dagli occhi, rigandogli il viso, deplorando amaramente la sua colpa, come l'apostolo Pietro (Mt. 26,75). Ripetendo questo, e simili, tropari "catanittici" in cui ci si imbatte continuamente nella lunga liturgia della Chiesa, memorizzando, secondo l'uso monastico, i salmi davidici che nutrono la giornata del religioso, sottomettendosi all'obbedienza che gli impone e lo invita a garantire il riscaldamento degli edifici monastici, impegnandosi nella quotidiana fatica di picconare la pietra di carbon fossile, caricandola nella sua sgangherata carriola, percorrendo, avanti e indietro, mane e sera, le precarie impalcature lignee che collegano la carbonaia alla distante caldaia, buia, fumosa, fuligginosa, soffocante che costituisce, così, la sua cella monastica, ove esercitarsi nell'agone ascetico, dove anche dorme (sul carbone ammassato), prega (davanti ad una piccola, splendida icona di Cristo Salvatore, suo unico tesoro), sorveglia l'andamento del fuoco che arde,e ... si tormenta, insonne, nel rimorso.
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Preghiera e miracoli.
E alla brava mamma affettuosa, che porta il suo tesorino, che zoppica -nonostante varie operazioni e numerose visite- ed è costretto a portare le stampelle. Ma la preghiera elevata, con fervore, dai tre, davanti alla icona di Cristo, nella povera cellacaldaia: le lacrime di dolore di una mamma, i balbettii del bambino sofferente, la vergognosa implorazione del nostro monaco penitente, ottengono la sospirata grazia, il miracolo della guarigione. Commozione generale. "Allora, tante grazie e arrivederci!" saluta radiosa la mamma felice, affidabile operaia di una industria di Stato, cittadina esemplare, orgoglio nazionale, che non può mancare al lavoro… "Come potete andarvene via, così - esplode il batjuška con profetico sdegno - senza nemmeno ringraziare il Signore, in modo degno, come insegna la Santa Chiesa, ricevendo degnamente i santi Sacramenti, dedicandogli tutto il tempo necessario?! Che ingratitudine! Che egoismo! Che vergogna! Che schifo fate…”. |
Confratelli scandalizzati.Questi, i laici, i fedeli, i pellegrini devoti. E i monaci? E i preti? Ce n'è anche per loro: deve dare una lezione al confratello, monaco prefettino, preciso ispettore dei confratelli, pronto a coglierli in fallo! Conoscitore della Sacra Scrittura, studioso di teologia, reverendissimo archimandrita, spiando i fratelli stila il lungo elenco delle molte colpe altrui, riferendone al superiore, denunciandoli con la mano sul cuore, perché suo obbligo morale, dovere di coscienza… Cosa mai combina, di grave, il nostro marinaio ex fuochista,ora fuochista converso, monaco taumaturgo, sempre in lacrime per il rimorso dell'omicidio commesso? Anche in un monastero russo piccolo quanto un isolotto da fiaba, sperduto lontano, ai confini del mondo, la vita cristiana comporta evidentemente un quotidiano impegno personale, faticoso, di apertura dell'anima all'incontro con Dio il quale, solo, è in grado di curare, educare, correggere, sanare, trasfigurare la sua creatura umana, mortalmente ferita dal peccato, e rigenerarla a vita nuova. Misteriosamente ma realmente, la divina Grazia partecipa, comunica, trasmette -con materna tenerezza e rispetto infinito- alla creatura la sua onnipotente vitalità e divino benessere, agendo con quella discrezione, moderazione, pazienza; conoscenza dei naturali ritmi biologici, psicologici, umorali, pulsionali incostanti e fragili che caratterizzano l'odierna esistenza umana sulla terra. |
Conversione dell'egumeno.
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Ce n'è per tutti, anche per il riverito, bonario, lungimirante superiore, restauratore di Icone nella sua comoda ed ariosa stanza. Ma, pare, l'avvertimento datogli, il segnale profetico annunziatogli non sia stato compreso. Lo sarà poco dopo, quando la bella, luminosa, ariosa, comoda "cella" del molto reverendo egumeno prenderà fuoco per la sbadataggine di un maldestro novizio; ma viene tem- pestivamente spento dall'accorrere dei monaci, con secchi d'acqua; Ma il nostro profeta aveva cercato di avvertire, in tutti i modi, come il celebre Gallo d'oro dell'antica fiaba russa (magistralmente raccontato dal grande Puskin)! l'interessato, del pericolo imminente, facendogli trovare tra i piedi un tizzone spento di trave; ma la cosa era passata inosservata. Dove andare, ora, con la cella semiarsa? Dove sistemarsi, nel frattempo? Idea! Dal nostro santo asceta profeta taumaturgo che, così, potrà insegnare a distaccarsi dalla preoccupazione della terra e dagli affanni della vita comunitaria (i ruoli si invertono!). "E' permesso? C'è nessuno, Posso entrare?" (quante cerimonie! ), "Posso stare con te? Mi vuoi? (!) -quando mai un superiore chiede permesso a un suo suddito- Sono stanco degli oneri (non degli onori!) di egumeno; voglio intraprendere il duro agone eremitico, voglio salvarmi l'anima (e fino adesso che hai fatto?). |
Prima della morte. La liberazione.Ma (c'è ancora un ma) mi aspetta ancora un lavoro da fare, c'è ancora un'opera da compiere, un servizio urgente e delicato da prestare. C'è una povera ragazza tormentata dal rimpianto inconsolabile per la perdita inaccettata del giovane marito, amato sino alla follia; il demone subdolo dell'amore possessivo, dell'e- rotismo passionale, ossessivo, insaziabile, onnipresente, improvviso tormenta la sua povera anima. Il padre, compagno ammiraglio, impotente e incapace di altri rimedi oltre quelli approntati dalla scienza moderna, si decide controvoglia a portare la figlia amata da questi monaci lontani che -dicono- curano i pazzi… "Certa specie di demòni non si scacciano, se non con la preghiera" (Mc.9,29). Facendo il verso agli uccelli, imitandone il richiamo amoroso, la "bestia" ("E vidi venire dal mare una bestia…" Ap.13,1) viene attirata sull'isola, abbocca all'amo, risponde al richiamo. E viene costretta -suo malgrado- a pregare, ad accettare la liberazione insperata operata da Cristo su1 le sue povere creature, fatte "a sua immagine e somiglianza", profondamente umiliate e intimamente offese. Il risveglio è simile a un parto… La verità dell'intera vicenda umana del nostro eroe viene a galla, riemerge dalle profondità del mare che l'aveva celata e nascosta per così tanti anni. ……………..
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