Letteratura
Il treno per la Svizzera
Una breve introduzione a "Il treno per la Svizzera"
Chiunque, per uno di quegli insondabili casi della vita, si fosse trovato a un certo punto parato innanzi l’ostacolo insormontabile del russo, avrà senza meno ricevuto l’immancabile, sinistro, non richiesto consiglio: ascolta canzoni in lingua originale, guarda film in lingua originale, leggi racconti in lingua originale.
Cechov. Non si può cominciare altrimenti. Saltykov Shedrin. Si progredisce con gli studi, Bunin, stellare, ma passi il tempo a chiederti che avrà voluto dire?, Paustovskij con le sue estenuanti descrizioni della natura è ancora troppo difficile, batti altre strade, la malinconia di Nabokov, sì però a piccole dosi, Pelevin peggio che andar di notte, al terzo anno Vojnovic, ma all’università ti obbligano ai classici, così le fotocopie quasi clandestine dei racconti di Ghelasimov, sotto le volte gotiche e angoscianti della Lomonosov, hanno l’alone elettrizzante della trasgressione. Il mio primo turpiloquio in lingua russa. Brevissime istantanee di vita vissuta, la routine quotidiana sublimata in aristocrazia letteraria, sconfinamenti nel fantastico, piccoli fatti in cui il lettore si specchia e si riconosce, negli slanci eroici come nelle nefandezze. Forse perché su quel Treno per la Svizzera, in momenti diversi, ci siamo saliti tutti, con Vitja, Danguole e gli altri, forse la destinazione era un’altra, un’altra la partenza, o forse, più semplicemente, è il treno che non abbiamo mai preso ma che avremmo sempre desiderato prendere. Ecco: Ghelasimov ci rimanda indietro i treni persi. Che’ poi non abbiate a dire che non v’è stata data una seconda possibilità. (Simone Corazza)
- Scritto da Andrej Ghelasimov (trad. S. Corazza)
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Incubo a Natale
INCUBO A NATALE
Quando il gambero fischiò
di N.N. Teffi (1872-1952)
L’albero di natale fu spento, gli ospiti se ne andarono.
Il piccolo Petja Zabotykin strappava meticolosamente la coda del cavalluccio nuovo ed ascoltava attentamente il discorso dei genitori che raccoglievano le ghirlande e le stelle, conservandole per l’anno successivo. Il discorso era interessante.
- È l’ultima volta che faccio l’albero – diceva papà Zabotykin. Ci sono solo spese e nessuna soddisfazione.
- Pensavo che tuo padre ci avrebbe mandato qualcosa per le feste - aggiunse maman Zabotykina.
- Si, un corno! Quando il gambero fischierà.[1]
- Io pensavo che mi avrebbe regalato un cavalluccio vero, - alzò la testa Petja.
- Si, un corno! Quando il gambero fischierà.
Il padre stava seduto con le gambe divaricate e il capo chino. I suoi baffi pendevano come se fossero stati bagnati, gli occhi spalancati e assenti fissavano tristemente un punto.
Petja guardò il padre e decise che quello era proprio il momento giusto per una domanda.
- Papà, perché proprio il gambero?
- Scritto da Nadezda N. Teffi (trad. Tatiana Ostakhova)
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