Breve prologo sull'antico network dell'alfabeto latino.
La Torre di Babele.
"Ecco essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l'inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perchè non comprendano più l'uno la lingua dell'altro"["Genesi" ]
Tanti popoli tante lingue, ma anche molte lingue e un solo alfabeto per scriverle.
Gli uomini, come sappiamo, iniziarono a scrivere tra il IV e il III millennio a.C., in Mesopotamia, molte scritture sono scomparse, morte insieme ai popoli che le usavano e molte altre ancora condivideranno lo stesso silenzioso destino. Di tante lingue ci resta solo la testimonianza degli alfabeti, alcuni li abbiamo compresi, altri sono incompresi tuttora, e ce ne sono d'incomprensibili sempre.
Certi alfabeti sono prevalenti pur appartenendo a piccoli popoli. Fra questi l'alfabeto latino che è, per le lingue, come il dollaro è per le monete.
Con l'alfabeto latino si sono sempre scritte le lingue degli imperi, quello romano per il passato e quello americano per il presente.
Tutte le lingue dell'occidente si scrivono con questo alfabeto, e con i caratteri latini è stata scritta tutta la cultura occidentale, compresa quella elaborata e scritta per mezzo degli alfabeti dei greci e degli ebrei.
Questi tre alfabeti, così anche graficamente diversi tra loro, hanno in comune una storia assassina: i romani, in buona compagnia, ci scrissero sopra un cartello "re dei giudei" e lo fissarono alla croce di Gesù, che parlava solo l'aramaico.
Non sono gli unici alfabeti con cui si scriveva nell'Impero: aramaico, armeno, siriano, coopto egiziano, fenicio e altri ma finirono tutti per perdere le loro parole.
I popoli che si convertivano alle pratiche religiose dominanti dovevano rinunciare alla propria lingua e adottare il latino oppure il greco per pregare e celebrare i riti.
Successivamente, con la divisione dell'impero in occidentale e orientale, il conflitto, esploso per conquistare particolari aree d'influenza, produsse la possibilità che da questi nuovi spazi emergessero diverse e nuove necessità umane e culturali a cui occorreva dare la parola, ma la parola poteva darla e rivelarla solo Dio.
"In principio era il verbo, e il verbo era presso Dio, e il verbo era Dio".- [vangelo di Giovanni ].
Sono le prime parole scritte in lingua slava da cui trarrà origine la letteratura dei popoli slavi.
La Sapienza Divina aveva inviato un nuovo alfabeto per accordare anche agli slavi un posto fra i popoli di Dio?
Come sempre la storia passa laddove non è prevista, come in questa storia poco celebrata.
Breviario minimo dei santi Cirillo e Metodio: ovvero come gli slavi impararono a scrivere.
La Torre di Babele.
"Ecco essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l'inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perchè non comprendano più l'uno la lingua dell'altro"["Genesi" ]
Tanti popoli tante lingue, ma anche molte lingue e un solo alfabeto per scriverle.
Gli uomini, come sappiamo, iniziarono a scrivere tra il IV e il III millennio a.C., in Mesopotamia, molte scritture sono scomparse, morte insieme ai popoli che le usavano e molte altre ancora condivideranno lo stesso silenzioso destino. Di tante lingue ci resta solo la testimonianza degli alfabeti, alcuni li abbiamo compresi, altri sono incompresi tuttora, e ce ne sono d'incomprensibili sempre.
Certi alfabeti sono prevalenti pur appartenendo a piccoli popoli. Fra questi l'alfabeto latino che è, per le lingue, come il dollaro è per le monete.
Con l'alfabeto latino si sono sempre scritte le lingue degli imperi, quello romano per il passato e quello americano per il presente.
Tutte le lingue dell'occidente si scrivono con questo alfabeto, e con i caratteri latini è stata scritta tutta la cultura occidentale, compresa quella elaborata e scritta per mezzo degli alfabeti dei greci e degli ebrei.
Questi tre alfabeti, così anche graficamente diversi tra loro, hanno in comune una storia assassina: i romani, in buona compagnia, ci scrissero sopra un cartello "re dei giudei" e lo fissarono alla croce di Gesù, che parlava solo l'aramaico.
Non sono gli unici alfabeti con cui si scriveva nell'Impero: aramaico, armeno, siriano, coopto egiziano, fenicio e altri ma finirono tutti per perdere le loro parole.
I popoli che si convertivano alle pratiche religiose dominanti dovevano rinunciare alla propria lingua e adottare il latino oppure il greco per pregare e celebrare i riti.
Successivamente, con la divisione dell'impero in occidentale e orientale, il conflitto, esploso per conquistare particolari aree d'influenza, produsse la possibilità che da questi nuovi spazi emergessero diverse e nuove necessità umane e culturali a cui occorreva dare la parola, ma la parola poteva darla e rivelarla solo Dio.
"In principio era il verbo, e il verbo era presso Dio, e il verbo era Dio".- [vangelo di Giovanni ].
Sono le prime parole scritte in lingua slava da cui trarrà origine la letteratura dei popoli slavi.
La Sapienza Divina aveva inviato un nuovo alfabeto per accordare anche agli slavi un posto fra i popoli di Dio?
Come sempre la storia passa laddove non è prevista, come in questa storia poco celebrata.
Breviario minimo dei santi Cirillo e Metodio: ovvero come gli slavi impararono a scrivere.
Cirillo e Metodio, due santi fratelli.
Roma, 14 febbraio 869: in un convento greco, sul declivio che scende dalla Basilica di Santa Maria Maggiore all'Esquilino, moriva tra le braccia del fratello Metodio, all'età di 42 anni, il monaco Cirillo, padre dell'alfabeto slavo.
Quattordici mesi prima i fratelli Cirillo e Metodio erano stati accolti con tutti gli onori da Papa Adriano II, nonostante le oscure notizie che giungevano a Roma circa la loro presunta eresia relativa alla disputa sulle tre lingue - ebraica, greca e latina - nelle quali era lecito celebrare la liturgia.
Quelli erano tempi di scomuniche, di terribili anatemi e irrevocabili bolle papali.
La Chiesa si stava avviando fatalmente verso il grande scisma del 1054 che separò definitivamente la Chiesa in occidentale e orientale, in cattolici e ortodossi, tuttavia, per una serie di incastri relativi al controllo delle regioni slave, che opponevano duramente la Roma sul Tevere a quella sul Bosforo, giungeva inaspettatamente a Roma l'uomo più prestigioso e colto dell'impero d'oriente, Costantino il filosofo, alias san Cirillo.
Costantino portava con sé le reliquie di san Clemente, terzo successore di Pietro che aveva subito il martirio in Crimea - [Cirillo venne sepolto nella chiesa di san Clemente a Roma nella quale si conserva un frammento d'affresco con il suo volto, visitatela].
Cirillo e Metodio sono una coppia di santi molto speciale, hanno l'onore di essere venerati ad est come ad ovest, a Mosca come a Roma, ma sono nati a Salonicco, una città macedone dell'antico impero bizantino [dal 1980 condividono con san Benedetto il titolo di patroni d'Europa].
I fratelli di Salonicco portano la responsabilità intellettuale della differenza linguistica che taglia in due parti il vecchio continente.
Da un lato i popoli che da tempi remoti avevano affidato la propria lingua alle lettere latine, dall'altro le masse slave ancora incolte ma pronte ad accogliere l'invenzione delle lettere cirilliche da cui ha avuto origine la cultura slava.
Senza l'alfabeto creato dai santi fratelli, gli slavi non avrebbero potuto adottare la versione bizantina del cristianesimo e, come gli altri popoli europei all'indomani dello scisma del 1054, si sarebbero ritrovati anch'essi sotto l'ala protettrice di Roma evitando, forse, pericolose transizioni storico-politiche nella migliore delle ipotesi, nella peggiore, ma è solo un punto di vista rivolto all'attualità dei conflitti, sarebbero stati convertiti all'islam.
L'epopea serba della battaglia del Kosovo contro i turchi sulla Piana dei Merli da un lato, e la leggendaria scelta di fede del gran principe russo Vladimir dall'altro, che a Cherson in Crimea adottò la fede dei greci, schifando le altre, ne sono una prova. - Mirabile a questo proposito "Il racconto dei tempi passati".
Gli slavi del sud e gli slavi orientali attraverso le nuove lettere entrarono in contatto con la cultura bizantina all'apice dello sviluppo culturale del tempo e, adottando il rito orientale nella liturgia, all'indomani della caduta di Costantinopoli in mano turca nel 1453, ne presero l'eredità spirituale rifiutando l'unione con Roma nel solco dello scisma che divide ancora la Chiesa.
Un' idea bizantina.
Nel volgere del IX secolo lo spazio su cui si estendeva l'impero romano d'oriente abbracciava vasti territori abitati dalle popolazioni slave dette sclavine nonché i confini con lo stato Bulgaro e la Grande Moravia e più ad est, oltre i Chazari e la penisola di Crimea, con la Rus' kieviana.- [molto interessante lo studio dell'illustre Aldo C..Marturano intorno alla parola slavo comparso recentemente sul russianecho].
La pressione delle popolazioni slave, il bisogno di controllare e includere i primi stati slavi nel commonwealth bizantino, la rivalità crescente con l'altra metà dell'impero, che mirava ad estendere la sua influenza in aree tradizionalmente prossime alla corte bizantina, fece nascere l'idea della conversione degli slavi al cristianesimo.
Nel IX secolo, per le nazioni avanzate del tempo, gli slavi erano soprattutto un'enorme massa umana migrante, incolta e barbara che rappresentava, per l'economia del tempo, il più vasto serbatoio di energia, di schiavi e manodopera disponibile.
Slavo e schiavo sono sinonimi in quella antichità, la parola, come è noto, darà origine al saluto più internazionalmente conosciuto, l'informale ciao. La sequenza trasformerà sclavo (schiavo) con kao per diventare il familiare ciao che, usato come segno di deferenza, manderà in soffitta il medievale servo suo.
Le popolazioni slave, insediatesi sui territori dell'ex impero romano d'oriente, amalgamandosi fra loro e con altre etnie, malgrado il loro ruolo subalterno, avevano iniziato a costituire nuove compagini statali reclamando una diversa considerazione nell'ambito delle nazioni più evolute.
Roma, 14 febbraio 869: in un convento greco, sul declivio che scende dalla Basilica di Santa Maria Maggiore all'Esquilino, moriva tra le braccia del fratello Metodio, all'età di 42 anni, il monaco Cirillo, padre dell'alfabeto slavo.
Quattordici mesi prima i fratelli Cirillo e Metodio erano stati accolti con tutti gli onori da Papa Adriano II, nonostante le oscure notizie che giungevano a Roma circa la loro presunta eresia relativa alla disputa sulle tre lingue - ebraica, greca e latina - nelle quali era lecito celebrare la liturgia.
Quelli erano tempi di scomuniche, di terribili anatemi e irrevocabili bolle papali.
La Chiesa si stava avviando fatalmente verso il grande scisma del 1054 che separò definitivamente la Chiesa in occidentale e orientale, in cattolici e ortodossi, tuttavia, per una serie di incastri relativi al controllo delle regioni slave, che opponevano duramente la Roma sul Tevere a quella sul Bosforo, giungeva inaspettatamente a Roma l'uomo più prestigioso e colto dell'impero d'oriente, Costantino il filosofo, alias san Cirillo.
Costantino portava con sé le reliquie di san Clemente, terzo successore di Pietro che aveva subito il martirio in Crimea - [Cirillo venne sepolto nella chiesa di san Clemente a Roma nella quale si conserva un frammento d'affresco con il suo volto, visitatela].
Cirillo e Metodio sono una coppia di santi molto speciale, hanno l'onore di essere venerati ad est come ad ovest, a Mosca come a Roma, ma sono nati a Salonicco, una città macedone dell'antico impero bizantino [dal 1980 condividono con san Benedetto il titolo di patroni d'Europa].
I fratelli di Salonicco portano la responsabilità intellettuale della differenza linguistica che taglia in due parti il vecchio continente.
Da un lato i popoli che da tempi remoti avevano affidato la propria lingua alle lettere latine, dall'altro le masse slave ancora incolte ma pronte ad accogliere l'invenzione delle lettere cirilliche da cui ha avuto origine la cultura slava.
Senza l'alfabeto creato dai santi fratelli, gli slavi non avrebbero potuto adottare la versione bizantina del cristianesimo e, come gli altri popoli europei all'indomani dello scisma del 1054, si sarebbero ritrovati anch'essi sotto l'ala protettrice di Roma evitando, forse, pericolose transizioni storico-politiche nella migliore delle ipotesi, nella peggiore, ma è solo un punto di vista rivolto all'attualità dei conflitti, sarebbero stati convertiti all'islam.
L'epopea serba della battaglia del Kosovo contro i turchi sulla Piana dei Merli da un lato, e la leggendaria scelta di fede del gran principe russo Vladimir dall'altro, che a Cherson in Crimea adottò la fede dei greci, schifando le altre, ne sono una prova. - Mirabile a questo proposito "Il racconto dei tempi passati".
Gli slavi del sud e gli slavi orientali attraverso le nuove lettere entrarono in contatto con la cultura bizantina all'apice dello sviluppo culturale del tempo e, adottando il rito orientale nella liturgia, all'indomani della caduta di Costantinopoli in mano turca nel 1453, ne presero l'eredità spirituale rifiutando l'unione con Roma nel solco dello scisma che divide ancora la Chiesa.
Un' idea bizantina.
Nel volgere del IX secolo lo spazio su cui si estendeva l'impero romano d'oriente abbracciava vasti territori abitati dalle popolazioni slave dette sclavine nonché i confini con lo stato Bulgaro e la Grande Moravia e più ad est, oltre i Chazari e la penisola di Crimea, con la Rus' kieviana.- [molto interessante lo studio dell'illustre Aldo C..Marturano intorno alla parola slavo comparso recentemente sul russianecho].
La pressione delle popolazioni slave, il bisogno di controllare e includere i primi stati slavi nel commonwealth bizantino, la rivalità crescente con l'altra metà dell'impero, che mirava ad estendere la sua influenza in aree tradizionalmente prossime alla corte bizantina, fece nascere l'idea della conversione degli slavi al cristianesimo.
Nel IX secolo, per le nazioni avanzate del tempo, gli slavi erano soprattutto un'enorme massa umana migrante, incolta e barbara che rappresentava, per l'economia del tempo, il più vasto serbatoio di energia, di schiavi e manodopera disponibile.
Slavo e schiavo sono sinonimi in quella antichità, la parola, come è noto, darà origine al saluto più internazionalmente conosciuto, l'informale ciao. La sequenza trasformerà sclavo (schiavo) con kao per diventare il familiare ciao che, usato come segno di deferenza, manderà in soffitta il medievale servo suo.
Le popolazioni slave, insediatesi sui territori dell'ex impero romano d'oriente, amalgamandosi fra loro e con altre etnie, malgrado il loro ruolo subalterno, avevano iniziato a costituire nuove compagini statali reclamando una diversa considerazione nell'ambito delle nazioni più evolute.
La Moravia, che era stata inserita dai Carolingi nel quadro dei rapporti internazionali definiti dalle potenze legate allòimpero d'occidente, cercò per prima una via autonoma per il suo sviluppo, per definire, in uno spazio indipendente, la propria identità di nazione slava.
Per realizzare questa aspirazione l'elite morava chiese sostegno ai vicini e potenziali alleati bizantini, i quali, a loro volta, contendevano ai Carolingi, la leadership politica e spirituale sull'impero.
Sappiamo che Rostislavo, principe moravo, chiese a Costantinopoli di inviargli un maestro per istruire un proprio clero indipendente da quello tedesco-carolingio; i bizantini, che probabilmente aspettavano da tempo un'occasione come questa per allargare la loro area d'influenza, risposero prontamente inviando l'uomo migliore, un genio di queste operazioni: Costantino-filosofo, il futuro San Cirillo.
La figura di Costantino, per la sua fondamentale opera semiologica e linguistica, non sembra appartenere al mondo dell'intrigo bizantino, piuttosto a quello delle menti più illuminate della cristianità, un precursore delle grandi innovazioni conciliari del secolo appena trascorso.
Costantino, come vedremo, suo malgrado, divenne una sorta di plenipotenziario dell'impero a cui vennero affidate delicatissime missioni nell'area d'influenza bizantina.
Probabilmente dopo i successi riportati nelle due spettacolari missioni presso i Saraceni e i Chazari, Costantino fu incaricato di organizzare un "centro studi", un osservatorio sui popoli slavi nel suo ritiro sul monte Olimpo dove amava rifugiarsi.
Un osservatorio che ci ricorda molto il romano "Collegio Russicum", il prestigioso e misterioso istituto vaticano che preparava i sacerdoti cattolici di rito orientale per le loro missioni segrete in Unione Sovietica. Questo Collegio si trova anchòesso, curiosamente, sull'Esquilino alla base destra del declivio che scende dalla Basilica di Santa Maria Maggiore.
Brevi note biografiche.
Se Cirillo è il nome che Costantino scelse a Roma per farsi monaco poco prima di morire, Metodio è il nome monacale che Michele scelse per lasciare le cose terrene: potere, ricchezza, moglie, figli e rifugiarsi dentro un monastero sul monte Olimpo.
Costantino nasce nell'826, Michele forse dodici anni prima. Sono i figli di Leone, un drungario bulgaro molto vicino alla corte imperiale.
Prima di diventare Metodio, Michele fu Archon in un distretto slavo ai confini con la Bulgaria nell'odierna Macedonia.
Anch'egli, come il padre, avrebbe percorso tutta la carriera statale ma qualcosa lo indusse a cambiare i suoi programmi.
Michele è un uomo bello, dice l'agiografo, forte e pratico con spiccate capacità organizzative "e in tutta la regione di Salonicco, eccelleva anche per l'eleganza della persona.".
Pur avendo studiato giurisprudenza, egli non si tenne lontano dalle dispute religiose e, probabilmente, prese parte direttamente nelle lotte iconoclaste che allora ancora stavano sconquassando la vita politica e religiosa dell'impero.
Nel monastero, nel quale trovò rifugio, Metodio entrò in contatto con i sostenitori delle immagini sacre, particolarmente care ai monaci zeloti che furono i paladini del culto iconografico divenendo poi, con la vittoria contro gli iconoclasti, la classe dirigente della nuova ortodossia.
Costantino, dopo la morte del padre, è introdotto a corte, studia con il giovane imperatore Michele e diverrà il discepolo prediletto di grandi maestri greci, come Leone matematico, Fozio, Leone grammatico Teoctisto.
Costantino rifiuterà una sicura e sfolgorante carriera imperiale per una vita ascetica e sapiente ma questa sua aspirazione non sempre venne accolta con favore a corte.
Teoctisto, il cancelliere di stato, intuendo l'acume intellettuale di Costantino, voleva dargli in moglie una sua nobile figlioccia, per legarlo ancora di più alla cerchia imperiale.
Ma Costantino, c'informa con belle parole edificanti il suo agiografo, svela al suo benefattore un sogno nel quale ha già scelto una sposa che si chiama Sofia, la Sapienza Divina, perciò egli non vuole sposarsi con fanciulle di questo mondo in quanto si è già promesso alla conoscenza delle virtù teologali.
Scampato al matrimonio, Costantino però non può sfuggire alla nomina a custode della biblioteca del Patriarca.
E' ordinato sacerdote ma questo servizio non corrispondeva alle sue aspirazioni cosicché questa volta scappa in un monastero sul Bosforo, un sicuro rifugio anche per lui e per le sue simpatie verso il culto delle icone.
Lo ritroveranno dopo pochi mesi, e questa volta per non farselo sfuggire, e ben conoscendo il suo valore intellettuale, gli affideranno la cattedra di filosofia.
Ben presto raccolse intorno a sò numerosi discepoli, divenne una sorta di plenipotenziario dell'impero a cui affideranno delicatissime missioni nell'area d'influenza bizantina.
Inviati molto speciali.
Nell'anno 850 Costantino è mandato in missione con una delegazione presso alcune città arabe, forse Samara e Baghdad .
La delegazione, che aveva il compito di ristabilire rapporti di buon vicinato con i califfi di queste città, si affidò a Costantino per le dispute di carattere religioso-filosofico e il giovane greco non mancò di stupire i suoi interlocutori e ancora di piò i membri della sua delegazione.
Dopo questa missione che accrebbe la sua fama e autorevolezza presso il potere imperiale, Costantino preferì isolarsi nuovamente, questa volta raggiungendo il fratello Metodio.
Tra le mura di questo romitaggio, forse si formò il primo nucleo di missionari impegnati a studiare le lingue di diversi popoli, tra queste lo studio approfondito della lingua slava che doveva rappresentare un nodo sociale e politico necessariamente da sciogliere per la presenza nell'impero e ai suoi confini di numerose popolazioni slave.
Nell'860 arriva per Costantino e Metodio una nuova missione presso i Chazari, un popolo misterioso scomparso rapidamente che occupava un vasto impero tra il fiume Dniepr e il mar Caspio. - [da non perdere il bellissimo romanzo di Milorad Pavic "Dizionario dei Chazari"]
Chazari e Bizantini sono alleati contro gli arabi ma la società chazara è alquanto composita: al vertice del potere le classi dominanti si sono confessate all'ebraismo, alla base adorano l'islam e non mancano ferventi cristiani forse d'etnia slava - ["Chazari e turchi", M.I. Artmanov].
Tutto il viaggio è un'avventura ininterrotta, mirabilmente interpretata da Costantino che trovò anche il tempo per imparare nuove lingue passando da una disputa filosofica all'altra, partecipando alla difesa di una città cristiana dall'assedio pagano e alla liberazione di duecento prigionieri greci che si unirono alla delegazione. Poi miracoli, avvenimenti mirabolanti, luoghi e paesaggi mitici e fantastici fino al ritrovamento prodigioso a Cherson sul Mar Nero e in alto mare delle reliquie di san Clemente papa - [òLe biografie paleoslaveò ]
Dal momento del loro straordinario e fantastico ritrovamento, le reliquie del terzo successore di Pietro diverranno cimeli inseparabili dei santi fratelli che, per otto anni, le porteranno in giro per l'Europa come fossero un salvacondotto lasciando una lunga scia di frammenti che andranno a commuovere e ad impreziosire le chiese di Costantinopoli, di Roma, di Venezia, passando per la Moravia, e la Pannonia e infine le depositarono nelle mani di papa Adriano II entrando solennemente a Roma la notte dell'anno 868.
L'eresia delle tre lingue.
Cirillo e Metodio dovevano tornare a Bisanzio per concludere, con la consacrazione dei nuovi sacerdoti, la missione morava, ma a Venezia, dove probabilmente intendevano imbarcarsi, il clero della città li accolse furibondo e scandalizzato per l'audacia della loro predicazione in Moravia e per le loro posizioni teologiche. Qui accadde qualcosa che impedì loro di imbarcarsi; proseguire per Costantinopoli forse non era più possibile a causa dei veneziani e forse anche per le notizie non rassicuranti che giungevano dalla loro patria greca.
Pur sapendo che il clima politico romano non ardeva di simpatie verso i greci e consapevoli che le gerarchie ecclesiastiche di Roma e di Costantinopoli non si stavano risparmiando accuse di reciproche eresie, sullo sfondo di una lotta per estendere i loro domini sul Mediterraneo e i Balcani, decisero ugualmente di giocare la carta romana per sostenere anche davanti al Papa la correttezza teologica del loro lavoro presso gli slavi e per far consacrare i nuovi sacerdoti che conducevano nella loro numerosa delegazione. Sicuramente partendo per Roma confidavano soprattutto sulla misericordia delle reliquie di san Clemente.
Il clero veneziano, che aveva buoni contatti con il mondo slavo, aveva intuito perfettamente che la missione in Moravia dei santi fratelli poteva cambiare il corso della storia, che quella missione aveva gettato un seme di libertà e nuovi popoli se ne sarebbero impadroniti per emanciparsi.
Il loro alfabeto aveva dato alla lingua slava la dignità degli altari spezzando il monopolio delle tre lingue, l'unico network possibile nel campo della comunicazione nella tarda antichità .
Cirillo e Metodio, diversamente dai dottrinari delle tre lingue liturgiche, ritenute sacre perchè con esse era stato scritto sulla croce il cartello "RE dei giudei", pensavano che tutti i popoli potessero pregare e celebrare i riti nella loro lingua nessuno escluso, neanche il popolo slavo che non possedeva uno straccio di alfabeto - [solo con il Concilio vaticano II la chiesa di Roma si è liberata dell'eresia delle tre lingue, e forse non è un caso che a guidare la chiesa cattolica allora era stato posto un Papa amico degli slavi e veramente ecumenico come fu Giovanni Roncalli].
I santi fratelli, strappando la rete mediatica delle tre lingue che imbrigliava l'emancipazione culturale di vaste aree europee e da essi stessi bollata come eretica, fecero scoccare la scintilla che portò alla nascita della cultura slava.
La loro opera, a dispetto dei potenti che lòavevano commissionata, diffuse il cristianesimo nella lingua madre degli slavi e con il cristianesimo numerose opere delle cultura greca e ellenistica che ben presto divennero patrimonio di tutti i popoli slavi.
Gli Apostoli degli slavi.
Per realizzare questa aspirazione l'elite morava chiese sostegno ai vicini e potenziali alleati bizantini, i quali, a loro volta, contendevano ai Carolingi, la leadership politica e spirituale sull'impero.
Sappiamo che Rostislavo, principe moravo, chiese a Costantinopoli di inviargli un maestro per istruire un proprio clero indipendente da quello tedesco-carolingio; i bizantini, che probabilmente aspettavano da tempo un'occasione come questa per allargare la loro area d'influenza, risposero prontamente inviando l'uomo migliore, un genio di queste operazioni: Costantino-filosofo, il futuro San Cirillo.
La figura di Costantino, per la sua fondamentale opera semiologica e linguistica, non sembra appartenere al mondo dell'intrigo bizantino, piuttosto a quello delle menti più illuminate della cristianità, un precursore delle grandi innovazioni conciliari del secolo appena trascorso.
Costantino, come vedremo, suo malgrado, divenne una sorta di plenipotenziario dell'impero a cui vennero affidate delicatissime missioni nell'area d'influenza bizantina.
Probabilmente dopo i successi riportati nelle due spettacolari missioni presso i Saraceni e i Chazari, Costantino fu incaricato di organizzare un "centro studi", un osservatorio sui popoli slavi nel suo ritiro sul monte Olimpo dove amava rifugiarsi.
Un osservatorio che ci ricorda molto il romano "Collegio Russicum", il prestigioso e misterioso istituto vaticano che preparava i sacerdoti cattolici di rito orientale per le loro missioni segrete in Unione Sovietica. Questo Collegio si trova anchòesso, curiosamente, sull'Esquilino alla base destra del declivio che scende dalla Basilica di Santa Maria Maggiore.
Brevi note biografiche.
Se Cirillo è il nome che Costantino scelse a Roma per farsi monaco poco prima di morire, Metodio è il nome monacale che Michele scelse per lasciare le cose terrene: potere, ricchezza, moglie, figli e rifugiarsi dentro un monastero sul monte Olimpo.
Costantino nasce nell'826, Michele forse dodici anni prima. Sono i figli di Leone, un drungario bulgaro molto vicino alla corte imperiale.
Prima di diventare Metodio, Michele fu Archon in un distretto slavo ai confini con la Bulgaria nell'odierna Macedonia.
Anch'egli, come il padre, avrebbe percorso tutta la carriera statale ma qualcosa lo indusse a cambiare i suoi programmi.
Michele è un uomo bello, dice l'agiografo, forte e pratico con spiccate capacità organizzative "e in tutta la regione di Salonicco, eccelleva anche per l'eleganza della persona.".
Pur avendo studiato giurisprudenza, egli non si tenne lontano dalle dispute religiose e, probabilmente, prese parte direttamente nelle lotte iconoclaste che allora ancora stavano sconquassando la vita politica e religiosa dell'impero.
Nel monastero, nel quale trovò rifugio, Metodio entrò in contatto con i sostenitori delle immagini sacre, particolarmente care ai monaci zeloti che furono i paladini del culto iconografico divenendo poi, con la vittoria contro gli iconoclasti, la classe dirigente della nuova ortodossia.
Costantino, dopo la morte del padre, è introdotto a corte, studia con il giovane imperatore Michele e diverrà il discepolo prediletto di grandi maestri greci, come Leone matematico, Fozio, Leone grammatico Teoctisto.
Costantino rifiuterà una sicura e sfolgorante carriera imperiale per una vita ascetica e sapiente ma questa sua aspirazione non sempre venne accolta con favore a corte.
Teoctisto, il cancelliere di stato, intuendo l'acume intellettuale di Costantino, voleva dargli in moglie una sua nobile figlioccia, per legarlo ancora di più alla cerchia imperiale.
Ma Costantino, c'informa con belle parole edificanti il suo agiografo, svela al suo benefattore un sogno nel quale ha già scelto una sposa che si chiama Sofia, la Sapienza Divina, perciò egli non vuole sposarsi con fanciulle di questo mondo in quanto si è già promesso alla conoscenza delle virtù teologali.
Scampato al matrimonio, Costantino però non può sfuggire alla nomina a custode della biblioteca del Patriarca.
E' ordinato sacerdote ma questo servizio non corrispondeva alle sue aspirazioni cosicché questa volta scappa in un monastero sul Bosforo, un sicuro rifugio anche per lui e per le sue simpatie verso il culto delle icone.
Lo ritroveranno dopo pochi mesi, e questa volta per non farselo sfuggire, e ben conoscendo il suo valore intellettuale, gli affideranno la cattedra di filosofia.
Ben presto raccolse intorno a sò numerosi discepoli, divenne una sorta di plenipotenziario dell'impero a cui affideranno delicatissime missioni nell'area d'influenza bizantina.
Inviati molto speciali.
Nell'anno 850 Costantino è mandato in missione con una delegazione presso alcune città arabe, forse Samara e Baghdad .
La delegazione, che aveva il compito di ristabilire rapporti di buon vicinato con i califfi di queste città, si affidò a Costantino per le dispute di carattere religioso-filosofico e il giovane greco non mancò di stupire i suoi interlocutori e ancora di piò i membri della sua delegazione.
Dopo questa missione che accrebbe la sua fama e autorevolezza presso il potere imperiale, Costantino preferì isolarsi nuovamente, questa volta raggiungendo il fratello Metodio.
Tra le mura di questo romitaggio, forse si formò il primo nucleo di missionari impegnati a studiare le lingue di diversi popoli, tra queste lo studio approfondito della lingua slava che doveva rappresentare un nodo sociale e politico necessariamente da sciogliere per la presenza nell'impero e ai suoi confini di numerose popolazioni slave.
Nell'860 arriva per Costantino e Metodio una nuova missione presso i Chazari, un popolo misterioso scomparso rapidamente che occupava un vasto impero tra il fiume Dniepr e il mar Caspio. - [da non perdere il bellissimo romanzo di Milorad Pavic "Dizionario dei Chazari"]
Chazari e Bizantini sono alleati contro gli arabi ma la società chazara è alquanto composita: al vertice del potere le classi dominanti si sono confessate all'ebraismo, alla base adorano l'islam e non mancano ferventi cristiani forse d'etnia slava - ["Chazari e turchi", M.I. Artmanov].
Tutto il viaggio è un'avventura ininterrotta, mirabilmente interpretata da Costantino che trovò anche il tempo per imparare nuove lingue passando da una disputa filosofica all'altra, partecipando alla difesa di una città cristiana dall'assedio pagano e alla liberazione di duecento prigionieri greci che si unirono alla delegazione. Poi miracoli, avvenimenti mirabolanti, luoghi e paesaggi mitici e fantastici fino al ritrovamento prodigioso a Cherson sul Mar Nero e in alto mare delle reliquie di san Clemente papa - [òLe biografie paleoslaveò ]
Dal momento del loro straordinario e fantastico ritrovamento, le reliquie del terzo successore di Pietro diverranno cimeli inseparabili dei santi fratelli che, per otto anni, le porteranno in giro per l'Europa come fossero un salvacondotto lasciando una lunga scia di frammenti che andranno a commuovere e ad impreziosire le chiese di Costantinopoli, di Roma, di Venezia, passando per la Moravia, e la Pannonia e infine le depositarono nelle mani di papa Adriano II entrando solennemente a Roma la notte dell'anno 868.
L'eresia delle tre lingue.
Cirillo e Metodio dovevano tornare a Bisanzio per concludere, con la consacrazione dei nuovi sacerdoti, la missione morava, ma a Venezia, dove probabilmente intendevano imbarcarsi, il clero della città li accolse furibondo e scandalizzato per l'audacia della loro predicazione in Moravia e per le loro posizioni teologiche. Qui accadde qualcosa che impedì loro di imbarcarsi; proseguire per Costantinopoli forse non era più possibile a causa dei veneziani e forse anche per le notizie non rassicuranti che giungevano dalla loro patria greca.
Pur sapendo che il clima politico romano non ardeva di simpatie verso i greci e consapevoli che le gerarchie ecclesiastiche di Roma e di Costantinopoli non si stavano risparmiando accuse di reciproche eresie, sullo sfondo di una lotta per estendere i loro domini sul Mediterraneo e i Balcani, decisero ugualmente di giocare la carta romana per sostenere anche davanti al Papa la correttezza teologica del loro lavoro presso gli slavi e per far consacrare i nuovi sacerdoti che conducevano nella loro numerosa delegazione. Sicuramente partendo per Roma confidavano soprattutto sulla misericordia delle reliquie di san Clemente.
Il clero veneziano, che aveva buoni contatti con il mondo slavo, aveva intuito perfettamente che la missione in Moravia dei santi fratelli poteva cambiare il corso della storia, che quella missione aveva gettato un seme di libertà e nuovi popoli se ne sarebbero impadroniti per emanciparsi.
Il loro alfabeto aveva dato alla lingua slava la dignità degli altari spezzando il monopolio delle tre lingue, l'unico network possibile nel campo della comunicazione nella tarda antichità .
Cirillo e Metodio, diversamente dai dottrinari delle tre lingue liturgiche, ritenute sacre perchè con esse era stato scritto sulla croce il cartello "RE dei giudei", pensavano che tutti i popoli potessero pregare e celebrare i riti nella loro lingua nessuno escluso, neanche il popolo slavo che non possedeva uno straccio di alfabeto - [solo con il Concilio vaticano II la chiesa di Roma si è liberata dell'eresia delle tre lingue, e forse non è un caso che a guidare la chiesa cattolica allora era stato posto un Papa amico degli slavi e veramente ecumenico come fu Giovanni Roncalli].
I santi fratelli, strappando la rete mediatica delle tre lingue che imbrigliava l'emancipazione culturale di vaste aree europee e da essi stessi bollata come eretica, fecero scoccare la scintilla che portò alla nascita della cultura slava.
La loro opera, a dispetto dei potenti che lòavevano commissionata, diffuse il cristianesimo nella lingua madre degli slavi e con il cristianesimo numerose opere delle cultura greca e ellenistica che ben presto divennero patrimonio di tutti i popoli slavi.
Gli Apostoli degli slavi.
Glagolitico, così si chiama il primo alfabeto inventato da Cirillo e Metodio.
Un nome, come ben sanno gli amici di russianecho, con chiare radici nella parola slava ГЛАГОЛИТЬ (parlare) cioè verbo, proprio quello che con il nuovo alfabeto sarebbero andati a diffondere in Moravia.
Era il verbo dei bizantini, la verità e la vera fede custodita sul Bosforo che un principe moravo chiedeva di usare contro la fede romana dei carolingi.
Rostislavo si comporta come un sovrano indipendente, ma per esserlo veramente deve ottenere una propria gerarchia ecclesiastica.
Papa Nicola, troppo legato al re franco Ludovico, mortifica la richiesta d'indipendenza del principe moravo che considera vassallo dei franchi.
Allora Rostislavo, come sappiamo, fece la sua mossa: chiese ai romani sul Bosforo la delegazione migliore.
Costantino fu incaricato di organizzare tutta l'operazione nella quale poteva finalmente confluire il lavoro svolto sulle lingue parlate dagli slavi che Costantino e Metodio conoscevano bene dal momento che a Salonicco si parlava un dialetto macedone e non vi erano soverchie differenze fra tutte le lingue paleoslave. Probabilmente le traduzioni dei libri sacri erano pronte da tempo sulla base di un dialetto bulgaro-macedone.
Poi ancora in Crimea, sempre presso Cherson, che sembra essere la città d'elezione dei grandi avvenimenti della storia russa, all'epoca del ritrovamento delle reliquie di san Clemente, Costantino scoprì un alfabeto sconosciuto dai segni misteriosi che le cronache slave chiamano russo ma si trattava probabilmente di un protosistema di segni di derivazione runica. Le cronache ci dicono che Costantino trovò anche dei libri sacri e conversando con la gente del luogo imparò la lingua e confrontandola con la sua riuscì a separare le vocali dalle consonanti e a comprendere il significato dei segni. La creazione dell'alfabeto è ancora racchiusa in una nuvola di mistero che si infittisce via, via che si cerca di svelarlo. Il primo alfabeto slavo è un'opera complessa, cabalistica sotto tanti aspetti che sconfina nell'esoterico: ad ogni lettera corrisponde un numero ma senza un ordinamento matematico, né un ordine crescente o decrescente ma introduce il sistema metrico decimale; ogni segno ha un nome e questi nomi relazionandosi formano proposizioni bibliche e divinatorie -[ò таинопись кириллицыò].
Tuttavia, con l'aiuto di Metodio e di fedeli discepoli d'origine slava, Costantino tradusse dal greco allo slavo tutti i vangeli e quasi tutto il vecchio testamento nonché numerosi libri della cultura greca ed ellenica, comprese le enciclopedie.
Quando l'imperatore Michele convocò Costantino per affidargli la nuova missione le lettere slave non dovevano più rappresentare un ostacolo per la riuscita dell'operazione.
La missione in Moravia ebbe un successo strepitoso che anche Roma, forse suo malgrado, dovette riconoscere accettando in un primo momento la liturgia in lingua slava.- ["Cirillo e Metodio", Pontificio Istituto Orientale].
In Moravia i due santi fratelli istruiscono un primo clero autoctono e il popolo, finalmente, può capire le parole della liturgia e il rito che le gerarchie tedesche volevano imporre per impedire lòemancipazione dello stato moravo.
Dopo la morte di Cirillo, Metodio ritornò in Moravia come arcivescovo di Smirne ma ben presto il successo gli voltò le spalle.
I vescovi latini lo imprigionano dall'autunno 870 a maggio 873.
Lo libera papa Giovanni VIII ma gli proibisce la liturgia slava.
Metodio morì il 6 aprile 885, e con lui sembrò crollare definitivamente il tentativo di far salire agli onori degli altari la liturgia slava.
In poco tempo il rito slavo sarà ricacciato nella clandestinità, i discepoli di Metodio perseguitati e fatti schiavi e molti di loro saranno venduti al mercato della perfida Venezia.
La diffusione fra gli slavi dell'alfabeto glagolitico subisce una dura battuta d'arresto, tranne che sulla costa dalmata dove metterò radici durature.
L'invenzione mediatica dei santi fratelli stava trasformandosi in un rosario di lettere mute rappresentativo di un'esigua minoranza, ma la diaspora del primo nucleo di sacerdoti slavi, guidati soprattutto da Clemente e Naum, discepoli della prima ora di Costantino, realizzerà un disegno di dimensioni continentali diffondendo l'alfabeto slavo dalla Dalmazia alla Macedonia, dalla Serbia alla Bulgaria, dalla Dacia alla sterminata Russia.
L'alfabeto slavo che al giro di boa dell'anno mille cominciò a contendere la terra e le parole al rivale latino, non era più, però, l'alfabeto glagolitico di Cirillo ma una sua evoluzione in una nuova variate grafica, più semplice e comprensibile pur avendo tre lettere in più del precedente glagolitico: nasceva, con il nome del genio di Salonicco, l'alfabeto cirillico .
Un nome, come ben sanno gli amici di russianecho, con chiare radici nella parola slava ГЛАГОЛИТЬ (parlare) cioè verbo, proprio quello che con il nuovo alfabeto sarebbero andati a diffondere in Moravia.
Era il verbo dei bizantini, la verità e la vera fede custodita sul Bosforo che un principe moravo chiedeva di usare contro la fede romana dei carolingi.
Rostislavo si comporta come un sovrano indipendente, ma per esserlo veramente deve ottenere una propria gerarchia ecclesiastica.
Papa Nicola, troppo legato al re franco Ludovico, mortifica la richiesta d'indipendenza del principe moravo che considera vassallo dei franchi.
Allora Rostislavo, come sappiamo, fece la sua mossa: chiese ai romani sul Bosforo la delegazione migliore.
Costantino fu incaricato di organizzare tutta l'operazione nella quale poteva finalmente confluire il lavoro svolto sulle lingue parlate dagli slavi che Costantino e Metodio conoscevano bene dal momento che a Salonicco si parlava un dialetto macedone e non vi erano soverchie differenze fra tutte le lingue paleoslave. Probabilmente le traduzioni dei libri sacri erano pronte da tempo sulla base di un dialetto bulgaro-macedone.
Poi ancora in Crimea, sempre presso Cherson, che sembra essere la città d'elezione dei grandi avvenimenti della storia russa, all'epoca del ritrovamento delle reliquie di san Clemente, Costantino scoprì un alfabeto sconosciuto dai segni misteriosi che le cronache slave chiamano russo ma si trattava probabilmente di un protosistema di segni di derivazione runica. Le cronache ci dicono che Costantino trovò anche dei libri sacri e conversando con la gente del luogo imparò la lingua e confrontandola con la sua riuscì a separare le vocali dalle consonanti e a comprendere il significato dei segni. La creazione dell'alfabeto è ancora racchiusa in una nuvola di mistero che si infittisce via, via che si cerca di svelarlo. Il primo alfabeto slavo è un'opera complessa, cabalistica sotto tanti aspetti che sconfina nell'esoterico: ad ogni lettera corrisponde un numero ma senza un ordinamento matematico, né un ordine crescente o decrescente ma introduce il sistema metrico decimale; ogni segno ha un nome e questi nomi relazionandosi formano proposizioni bibliche e divinatorie -[ò таинопись кириллицыò].
Tuttavia, con l'aiuto di Metodio e di fedeli discepoli d'origine slava, Costantino tradusse dal greco allo slavo tutti i vangeli e quasi tutto il vecchio testamento nonché numerosi libri della cultura greca ed ellenica, comprese le enciclopedie.
Quando l'imperatore Michele convocò Costantino per affidargli la nuova missione le lettere slave non dovevano più rappresentare un ostacolo per la riuscita dell'operazione.
La missione in Moravia ebbe un successo strepitoso che anche Roma, forse suo malgrado, dovette riconoscere accettando in un primo momento la liturgia in lingua slava.- ["Cirillo e Metodio", Pontificio Istituto Orientale].
In Moravia i due santi fratelli istruiscono un primo clero autoctono e il popolo, finalmente, può capire le parole della liturgia e il rito che le gerarchie tedesche volevano imporre per impedire lòemancipazione dello stato moravo.
Dopo la morte di Cirillo, Metodio ritornò in Moravia come arcivescovo di Smirne ma ben presto il successo gli voltò le spalle.
I vescovi latini lo imprigionano dall'autunno 870 a maggio 873.
Lo libera papa Giovanni VIII ma gli proibisce la liturgia slava.
Metodio morì il 6 aprile 885, e con lui sembrò crollare definitivamente il tentativo di far salire agli onori degli altari la liturgia slava.
In poco tempo il rito slavo sarà ricacciato nella clandestinità, i discepoli di Metodio perseguitati e fatti schiavi e molti di loro saranno venduti al mercato della perfida Venezia.
La diffusione fra gli slavi dell'alfabeto glagolitico subisce una dura battuta d'arresto, tranne che sulla costa dalmata dove metterò radici durature.
L'invenzione mediatica dei santi fratelli stava trasformandosi in un rosario di lettere mute rappresentativo di un'esigua minoranza, ma la diaspora del primo nucleo di sacerdoti slavi, guidati soprattutto da Clemente e Naum, discepoli della prima ora di Costantino, realizzerà un disegno di dimensioni continentali diffondendo l'alfabeto slavo dalla Dalmazia alla Macedonia, dalla Serbia alla Bulgaria, dalla Dacia alla sterminata Russia.
L'alfabeto slavo che al giro di boa dell'anno mille cominciò a contendere la terra e le parole al rivale latino, non era più, però, l'alfabeto glagolitico di Cirillo ma una sua evoluzione in una nuova variate grafica, più semplice e comprensibile pur avendo tre lettere in più del precedente glagolitico: nasceva, con il nome del genio di Salonicco, l'alfabeto cirillico .
Luigi Novelli