Ricordate “Il sole ingannatore” (in russo "Утомлённые солнцем", "Utomlyonnye solntsem", letteralmente "Affaticati dal sole"), il bel film diretto dal regista russo e attore Nikita Mikhalkov nel 1994 e premiato con il "Grand Prix" al Festival di Cannes e con l'Oscar al miglior film straniero? Estate del 1936: il colonnello Kotov, interpretato dallo stesso Mikhalkov, riceve la visita in dacia di Dmitri, agente dell'NKVD, con la missione di porlo agli arresti... In questo contesto risuona spesso un'affascinante melodia che accompagna i momenti clou del film, il cui titolo ad essa si ispira. C'è però un errore: in quell'estate del '36, quella canzone non esisteva ancora!
Partiti alla ricerca del brano in versione mp3 (che potrete ascoltare o scaricare cliccando sui link presenti a fondo pagina), abbiamo scoperto anche la vera storia di questo struggente tango, che ha origine non in Russia, come pure pensavamo, ma nella vicina Polonia...
Nella Varsavia degli anni '30, una città dalla vita artistica e musicale assai vivace, con sale sempre piene e cartelloni che presentavano un'ampia gamma di proposte, dal varietà all'operetta, dai concerti classici al cabaret, un compositore di nome Jerzy (Georgij) Petersburskij, nato a Varsavia da una famiglia di artisti – il padre un cantante lirico, la madre pianista - ricevette dal concittadino poeta Zenon Friedvald un testo da musicare dal titolo “L'ultima domenica”, in polacco “To ostatnia niedziela”. Vi si raccontava la separazione di due amanti: un giovane chiede alla sua ex un ultimo incontro domenicale prima che lei vada in sposa a un più ricco fidanzato...
Jerzy, che godeva di grande notorietà in Polonia come autore di musica leggera, trovò nelle strofe di Friedvald la giusta dose di lirismo e tristezza per trarne fuori un tango da affidare alla voce dell'allora celebre cantante Mjeczyslav Fogg:
To ostatnia niedziela,
Dzisiaj się rozstaniemy,
Dzisiaj się rozejdziemy
Na wieczny czas.
To ostatnia niedziela,
Więc nie żałuj jej dla mnie,
Spojrzyj czule dziś na mnie
Ostatni raz.
Era il 1936: il successo fu talmente immediato e superiore ad ogni più rosea aspettativa da indurre una casa discografica, la “Sirena Electro”, a proporre a Fogg di incidere il tango su disco. La prima tiratura andò a ruba, una seconda pure , mentre la melodia di Petersburskij imperversava in tutte le sale da ballo di Polonia.
La sua popolarità fini' inevitabilmente con il varcare i confini e, nel 1937, sbarcò in Unione Sovietica. Una fra le orchestre jazz più popolari dell'epoca, quella di Aleksandr Zfasman, fu invitata a inserire nel proprio programma anche qualche tango e il cantante, Pavel Michailov, propose a Zfasman il tango di Petersburskij come pezzo di chiusura. Il testo polacco fu sostituito con quello approntato dal poeta russo Iosif Al'bek con il titolo «Утомленное солнце» (“Sole affaticato”), che non si discostava molto dallo stereotipo della separazione di una coppia di amanti, stavolta in riva al mare: un soggetto leggero, non rischioso, in grado di far sognare le spiagge del mar Nero in tempi in cui in pochi potevano permettersi delle vacanze balneari... Versi, insomma, non certo indimenticabili, ma con il pregio di essere facilmente memorizzabili e che contribuirono non poco, insieme all'ottimo arrangiamento di Zfasman, al successo di questa nuova versione di “Ostatnia niedziela”, divenuta adesso “Separazione” (in russo «Расставание»):
Утомленное солнце
Нежно с морем прощалось,
В этот час ты призналась,
Что нет любви.
Мне немного взгрустнулось -
Без тоски, без печали
В этот час прозвучали
Слова твои.
Расстаемся, я не стану злиться,
Виноваты в этом ты и я.
Утомленное солнце
Нежно с морем прощалось,
В этот час ты призналась,
Что нет любви.
Il sole stanco
teneramente si congeda dal mare,
in quest’ora hai confessato
che l’amore è finito
Mi è venuta un po’ la melanconia
senza angoscia, senza tristezza.
In quest’ora sono risuonate
le tue parole.
Separiamoci, io non me la prenderò,
colpevoli siamo io e te.
Il sole stanco
teneramente si congeda dal mare,
in quest’ora hai confessato,
che l’amore è finito
(trad.it.Alexandra Vojtenko)
La canzone venne incisa su disco anche in Unione Sovietica, benche' sui 78 giri dell'eopca compariva solo il nome dell'arrangiatore e non quello del vero compositore, “dimenticato” dalla casa discografica: è questa la versione che ascoltiamo nel film di Nikita Mikhalkov.
Come in Polonia, il disco amplificò a dismisura la popolarità del brano e a fatica gli stabilimenti statali riuscirono a star dietro alla richiesta che giungeva da ogni parte del paese. “Separazione” divenne il pezzo forte di cantanti e orchestre da ballo e vennero alla luce diverse nuove versioni, fra cui la leningradese “Canzone del Sud”, sui versi della poetessa Asta Galla:
Помнишь лето на юге,
Берег Черного моря,
Кипарисы и розы
В огне зари,
Нашу первую встречу
Там, в далеком Мисхоре,
Где плеск ласковый моря,
Как песнь любви?»,
Rammenti l’estate a Sud,
la riva del Mar Nero,
i cipressi e le rose
nella luce abbagliante del tramonto,
il nostro primo incontro
là, nella lontana Mischor,
dove il frangersi lieve del mare
è come un cantico d’amore.
(trad.it.Alexandra Vojtenko)
Questa versione, incisa dall'ancora poco nota cantante Klavdija Shulzhenko su dischi prodotti da uno stabilimento leningradese con capacita' di tirature limitate, sicuramente inferiori rispetto a quelli piu' grandi di Noghinskij e Aprelevskij, non ebbe la stessa capillare diffusione di "Separazione", ma vale la pena ascoltarla in questo video nella esecuzione di una giovane cantante russa, Galja Chikiss.
Nel 1938 comparve anche quella dello "Jazz Qvartet" diretto dal pianista Aleksandr Rjazanov, dal titolo "Листья падают с клена" ("Le foglie cadono dall'acero"). Il quartetto fu invitato a incidere alcuni dischi e il primo di essi fu proprio la loro versione di "To ostatnia niedziela", il cui testo russo fu riscritto dal poeta Andrej Volkov:
Листья падают с клена,
Значит, кончилось лето,
И придет вместе с снегом
Опять зима…»
Cadono le foglie dall’acero,
segno della fine dell’estate,
e insieme alla neve arriva
di nuovo l’inverno …
Questo tango ha però, nella sua storia, anche pagine tristi. Durante i momenti più bui della seconda guerra mondiale fu conosciuto come il "tango della morte": le sue note, infatti, intonate da piccole orchestre di internati nei lager nazisti, accompagnavano spesso i prigionieri ebrei verso le camere a gas. A Treblinka Artur Gold diresse una di queste orchestrine fino alla sua stessa fine. Dopo la guerra, poi, nei cine-giornali polacchi il tango fungeva da tragico sottofondo alle immagini della ferocia nazista.
Il destino riservò invece a Petersburskij miglior sorte che ad Artur Gold: richiamato nell'esercito polacco durante i mesi di guerra del '39, dopo la disfatta, come molti ebrei polacchi, si rifugiò in Unione Sovietica, a Lvov e a Belostok. Lì diresse l'orchestra jazz della Repubblica Bielorussa e poi organizzò l'"Orchestra di Petersburskij e Gold", in collaborazione con il fratello di Artur, Henrych.
In URSS Petersburskij ebbe il tempo di comporre una delle piu' celebri melodie sovietiche di quegli anni di guerra: grazie a quelle note Klavdija Shulzhenko divenne famosa con "Sinij platocek" (ascoltala:
Successivamente al patto Molotov-Ribentropp, Jerzy si arruolò nell'esercito polacco del generale Anders combattendo sul fronte nordafricano, quindi nel dopoguerra viaggiò molto, spostandosi dalla Palestina al Brasile fino a fermarsi in Argentina, dove lavorò alla radio “El mundo” e come direttore dell'orchestra del Teatro Nacional per quasi vent'anni. Dopo la morte della moglie, nel 1968 rientrò in Polonia, dove si risposò con la cantante Sylvia Kledzdic da cui, alla bella età di 69 anni, ebbe un figlio, oggi anch'egli affermato attore, musicista e conduttore tv.
Jerzy Petersburskij è morto in patria nel 1979.
Se il tango di Petersburskij è sopravvissuto al logorio del tempo deve dire grazie soprattutto al cinema: diversi registi si sono ricordati di esso per film ambientati negli anni '30 e '40. Evgenij Evtushenko, nel suo "Detskij Sad" ("Giardino d'infanzia", 1984), che analizza la vita culturale sovietica in quegli anni, lo utilizza nella scena finale, in cui due giovani, incontratisi casualmente, danzano tragicamente sul tetto di un vagone, ma ne fecero uso anche Krzysztof Kieslowski in “Tre colori: Bianco”, Ceslav Petel'skij in "Базе мертвых", e anche Andrzey Wajda nel suo film "Kronika wypadków miłosnych" ("Cronaca di avvenimenti amorosi", 1985), un film molto lirico ambientato negli anni della sua infanzia e che racconta la storia di una sorta di Romeo e Giulietta polacchi,
Una versione di "Utomlyonnye solntse" in formato mp3
(clicca qui per il DOWNLOAD)
Testo a cura di