IL TRATTAMENTO INFLITTO ALLA MARINA RUSSA DALLE AUTORITÀ' ITALIANE
La Propaganda uscita oggi reca una notizia di gravita eccezionale che basterebbe da sola, se vera, a mettere in stato d'accusa il generale Mazza.
La Propaganda ha ottenuto da persona amica la traduzione di una corrispondenza mandata dall'Italia al giornale russo Adiesckìa Nowosckij del 16 gennaio. Il corrispondente scrive su informazioni avute da ufficiali delle navi russe che fecero miracoli a Messina : « I marinai russi si sentirono completamente abbandonati. Lavorarono senza riposo e senza prender cibo per quarantotto ore solo rinfrescandosi tratto tratto con della « vodka » che portavano in fiaschette. Il giorno seguente arrivarono in città alcuni marinai inglesi e francesi e solo il terzo giorno giunsero marinai italiani. I russi però continuarono a lavorare senza tregua per vari giorni.
Il settimo giorno il comandante militare della città, il generale Mazza fece comunicare all'ammiraglio russo che Messina non aveva più bisogno del suo aiuto e che egli poteva, se gli piacesse, trasferire l'opera sua in qualche punto della Calabria. L'ammiraglio russo capì la natura di quell'ambasciata e lasciò la città. Egli non andò in Calabria dove poteva toccargli la stessa gratitudine, ma con tutta la sua squadra navigò al largo lasciando i luoghi del disastro su cui per primo era accorso ».
Questa corrispondenza del giornale russo appare verosimile se si pone mente a questi fatti : primo : che le navi russe partirono improvvisamente senza che se ne capisse il perché; secondo che il generale Mazza intese, fin da principio, a limitare il numero delle navi e dei soldati. È lecito supporre che la stessa sorte sia toccata alle navi inglesi e francesi.
E giacché si parla di questo generale del disastro, voglio ricordare un episodio minimo che, dato il momento eccezionale in cui avvenne, assume grande importanza come indizio dell'incoscienza del capo di stato d'assedio. Come già vi telefonai, la Vita raccontò che il generale Mazza, indignato perché a bordo non gli servivano il dolce, fece telegrafare a Palermo e Napoli per avere un pasticciere. Il Mazza in un'intervista pubblicata da un giornale milanese volle smentire. Or bene quel fatterello è verissimo e lo sanno e lo vanno raccontando gli ufficiali che erano a bordo.
Il Tempo, 1 febbraio 1909