La riscoperta di una figura dimenticata della cristianità che diventa simbolo di pace e arriva nello spazio. Una storia e un progetto raccontati ai messinesi dall'artista Pierre Tchakhotine.
Un incontro davvero inusuale quello svoltosi presso il salone della chiesa valdese. L'ospite era Pierre Tchakhotine, già noto al pubblico messinese, per aver partecipato nel 2008 alla presentazione dell'inedita testimonianza del padre sul terremoto del 1908, Sotto le macerie di Messina. Pierre questa volta non è venuto a Messina in veste di “figlio”, ma come iniziatore e testimonial di un progetto che lo coinvolge ormai da vent'anni, il progetto “Santa Anastasia”.
Una santa pertanto al centro progetto che tuttavia non ha una connotazione solo religiosa, ma molto ampia: artistica, sociale e di impegno civico. Pierre, che di mestiere fa l'artista, pastellista di fama europea, viene introdotto dai “padroni di casa”, la pastora valdese Julia Hillebrand e da padre Alessio Mandaniciota, parroco ortodosso della chiesa di “S. Nicolò dei Greci”, quest'ultima promotrice insieme all'associazione culturale “Messina-Russia” dell'incontro.
Il pittore inizia a raccontare con tono sommesso di un'avventura iniziata per caso nel cuneese, nell'affascinante scenario delle Langhe, quando voleva “restituire” agli abitanti di quelle valli, che lo avevano accolto, qualcosa del loro patrimonio artistico; l'occasione fu il restauro per l'appunto della cappella di Santa Anastasia a Sale San Giovanni, il bellissimo affresco al suo interno di età tardo medioevale lo colpì, il volto della santa lo intrigò: che ci faceva una santa con un nome così “russo” in quei luoghi. Non sapeva nulla di lei, è così che scoprì che aveva vissuto alla fine del terzo secolo (281-304) e che il suo culto era stato molto diffuso sia in Oriente che in Occidente, al punto tale che a Roma veniva onorata nel giorno del Natale e da venire dichiarata nel VI secolo una dei quindici Grandi Martiri della cristianità, sia da Roma che da Costantinopoli, dove nel 467 erano stati traslati i suoi resti. Una figura appartenente a pieno titolo alla chiesa unita, alla cattolicità e all'ortodossia.
Ma perché tanto onore? Anastasia da Sirmio dedicò la sua vita al conforto dei sofferenti e in particolare dei carcerati, una sorta di Madre Teresa di Calcutta la definisce Tchakhotine, degli albori del cristianesimo. Una figura centrale per i cristiani per molti secoli e poi quasi dimenticata, rimossa. Tchakhotine ne segue le traccia dapprima in Italia e in Russia, ma poi anche nell'ex Iugoslavia, ricordiamo che Sirmio è l'attuale Sremska Mitrovitsa e si trova in Serbia. Dall'altro canto S. Anastasia è onorata particolarmente anche in Croazia a Zadar. Sono gli anni '90, quelli dell'assurda guerra balcanica di fine millennio ed è ancora per caso che nasce un'idea che all'inizio sembra solo un volo della fantasia: portare l'icona di Santa Anastasia nel cosmo, come simbolo di pace. Un'ipotesi, nata in una gelida sera moscovita, attorno ad una tavola; erano i tempi in cui era ancora attiva la leggendaria stazione orbitale “Mir”: qualcuno di quella tavolata si fa portavoce presso i vertici spaziali russi dell'idea, che inaspettatamente non viene scartata. Ma occorrono la benedizione del Patriarca di Mosca e del Papa di Roma; arrivano anche quelle, le icone saranno due, in ossequio alle diverse tradizioni, occidentali e orientali, e tra il 1995 e il 1996 compieranno, durante sette mesi, a bordo della “Mir”, tremila rivoluzioni della terra. Questo è forse l'evento più eclatante del progetto “Santa Anastasia”, che continuerà negli anni con altre iniziative di grande respiro, di dimensione europea, come le mostre “L'Arte per la pace in Europa e nel mondo” svoltesi in Italia, in Serbia, in Croazia e in Russia con la partecipazione di centinaia di artisti; il progetto stesso otterrà anche il patrocinio dell'UNESCO.
Pierre non si “gonfia” e racconta anche dei fallimenti e delle disillusioni, a cominciare dalla mancata lettura, per opportunismo politico, del fortissimo messaggio di pace, ispirato alle icone di Santa Anastasia, del patriarca Alessio II che avrebbe dovuto nel novembre del 1995 aprire l'incontro tra gli astronauti russi e americani a bordo della “Mir”; o delle tante ore di anticamera spesso inutili, presso autorità religiose o civili.
Tchakhotine oggi ha raccolto in un libro tutte le conoscenze acquisite in questi anni, in un volume dal ricchissimo patrimonio iconografico e che include fra l'altro la documentazione di tutti i luoghi anastasiani rintracciati in Europa e nel mondo. Un lavoro sicuramente incompleto – afferma Tchakhotine - , ma sta di fatto che forse non esiste un lavoro equivalente realizzato per altri santi. Ovviamente c'è anche la Sicilia, in particolare Motta Santa Anastasia; a proposito, la santa in questa località, come in altre zone sismiche, assume anche il titolo di protettrice dai terremoti.
Ma il progetto “Santa Anastasia” non punta solo alla riscoperta di una grande figura della cristianità e della sua attuale valenza sociale, esso ha un obiettivo di lungo termine dichiarato: che Santa Anastasia possa un giorno essere proclamata protettrice e patrona di tutti i popoli d'Europa. Pierre sottolinea la parola “popoli”, smarcandosi volutamente dal concetto sdrucciolevole e pieno di insidie di nazione o nazioni. Intanto Santa Anastasia un miracolo a Messina l'ha già fatto: ha unito, in una sala piena, valdesi, ortodossi, cattolici, atei, agnostici, uditori di diversa estrazione sociale, dagli studiosi alle badanti, in spirito di ascolto, rispetto reciproco ed anche di semplice e gioiosa comunicazione. Santa Anastasia ha toccato i cuori dei messinesi.
Giuseppe Iannello
Articolo pubblicato su “Centonove” del 29 luglio 2011