Officina di poesia: una poesia in italiano di Tat'jana Buevič sulla Politkovskaja.
Solo un poeta può tradurre la poesia. Forse. Sradicare un componimento da una lingua-cultura e traghettarlo in un’altra è un atto di violenza. È, però, irrefrenabile la tentazione di provarci. Io non sono un poeta, ma ho tradotto una lirica. Perché? Sarebbe un delitto consentire alla barriera linguistica di ostacolare la diffusione dei versi, oggi più che mai. Ecco perché ho provato a tradurre questo testo.
Ha ancora un senso la poesia nel XXI secolo? Si! Assistiamo quotidianamente a un vero sciacallaggio, uno stupro reiterato condotto sulla parola. Politicanti, economisti naïve, giornalisti-maggiordomi, scrittori venduti: è alla mercé di chiunque, oggi, il linguaggio. La poesia può ancora frenare questo delirio, può riscoprire la dignità della lingua, può tenerci per mano la sera e accompagnarci a letto, può regalarci un bel sogno. I poeti sono sacerdoti, creature rare, meravigliose; in un secolo, se va bene, ne nascono dieci. Nel nostro ancora meno. Devono trovare bellezza in un mondo infernale, trarre poesia da una realtà impoetica. È questo che prova a fare Татьяна Буевич, poetessa russa contemporanea, sconosciuta ai più, dimenticata.
Scrittura lirica, potente, comunicativa; ogni parola è una bomba. Intraducibile. Non puoi ricreare il sistema fonico, la tessitura musicale, le assonanze o le ambiguità semantiche. Questa traduzione segue, quindi, il metodo che James S. Holmes, studioso di traduttologia applicata, nel 1969, definì “organico”. Quello in cui, cioè, “il contenuto e la forma della poesia si combinano a definire il contenuto della metapoesia, a cui deve poi adeguarsi la forma”.
Perché questo componimento? Perché è una canzone, un lamento funebre ad Anna Politkovskaja. Giornalista di Novaja Gazeta, giornale fondato nel 1993 dalla famiglia Gorbačëv, diretto da Dmitrij Muratov. Per questa testata la donna ha lavorato dal 1999, conducendo inchieste sulla guerra in Cecenia, sul sistema-Putin, sulla corruzione imperante. Fino al 7 Ottobre 2006, quando viene freddata a Mosca, nell’androne di casa sua. Era sopravvissuta ai bombardamenti ceceni, a sequestri e avvelenamenti; ironia della sorte, forse, è morta sotto casa. Su di lei la letteratura occidentale ha schierato ogni possibile forma espressiva: musica, teatro, cinema, graphic novel, documentari, speciali televisivi, memorandum, libri, saggi, studi critici, articoli e reportages. Solo un russo, però, poteva dedicarle una poesia. È una chiave d’accesso particolare, questa, per ricordare Anna, senza polemiche, senza diatribe, fuori da processi e tribunali. Solo una poesia poteva farlo.
Анне Политковской
Ату её! Ату! И даже после смерти |
Ad Anna Politkovskaja
Datele addosso! Addosso! E persino dopo la morte
trad. Giuseppe Barca |