La traboccante vitalità umana, intellettuale e artistica dello studioso che fece conoscere Zivago al mondo

Un maestro. E' la parola più ricorrente in tutte le testimonianze. Non si tratta di un musicista, né di un regista, né di uno scrittore in senso stretto. Zveteremich era uno slavista, un traduttore e negli ultimi decenni della sua vita anche un docente universitario (di “Lingua e letteratura russa”, a Messina). Ma per tutti è rimasto un maestro per la capacità di generare in chi gli stava davanti la passione e l'amore per la ricerca. Totalmente fuori da ogni accademia, ha scritto pagine indimenticabili nella storia degli studi della disciplina che ha insegnato e pagine indimenticabili negli archivi dei ricordi di chi l'ha conosciuto.

Custodire, preservare e trasmettere l'immenso patrimonio intellettuale di Zveteremich è un merito che spetta in primis ad Aleksandra Parysiewicz Lanzafame, docente ricercatrice universitaria a Messina. L'apertura, seppur parziale, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia, del preziosissimo lascito della biblioteca personale dello studioso, si deve senza dubbio alla pazienza e alla tenacia della docente, che si è trovata dinnanzi spessi muri di pastoie burocratiche che hanno rischiato più volte di far dirottare altrove libri e carte. Al lavoro certosino e spesso estenuante della Parysiewicz si deve anche la sopravvivenza dell'insegnamento della Lingua e della cultura russa a Messina, che un incrociarsi di circostanze dopo la scomparsa del grande slavista hanno più volte messo in discussione. E non ultimo, alla Parysiewicz si deve la cura del volume Pietro A. Zveteremich. L'uomo, lo slavista, l'intellettuale di recente uscita (Università di Messina, 2009), che costituisce certamente un ottimo strumento per chi volesse accostarsi al pianeta Russia attraverso lo sguardo dell’esperto.

Il libro contiene innanzitutto la storia dell'incredibile arrivo de Il Dottor Zivago in occidente; la vicenda è raccontata in sintesi dallo stesso Zveteremich nella trascrizione di un'inedita intervista che lo stesso rilasciò alla radio polacca nel 1986. A “parlare” di Zivago nel libro addirittura il figlio di Boris Pasternak, Evgenij, che nel suo intervento - “Zveteremich come promotore e principale attore dell'edizione de Il dottor Zivago in Italia” - sottolinea il ruolo determinante dello slavista nelle vicende del romanzo; nella ricostruzione della storia del romanzo è incentrato anche l'articolo dello slavista Stefano Garzonio. Altro grosso nome presente nella raccolta quello del prof. Giuseppe Ghini, che sostituì Zveteremich a Messina, per poi emigrare a nord. Ghini evidenzia una caratteristica che fu fondamentale di Zveteeremich, quella di sapersi mettere in discussione e di saper rivedere a 360 gradi le sue posizioni: lo studioso passò da posizioni di critica letteraria e sociale allineate, a posizioni di totale libertà di critica; non fu un caso che in Italia molti grandi autori sovietici emarginati in patria, vennero tradotti e conosciuti dal grande pubblico in Italia (Pilnjak, Venedikt Erofeev, Vojnovic, i bardi Bulat Okudzava, Vladimir Vysotskij e tanti altri).

Zveteremich non si occupò solo di letteratura, a lui si devono le ricerche su Parvus (Israil/ Alexandr Helphand), l'occulto artefice della rivoluzione russa e di molti altri movimenti dietro le quinte della storia dell'inizio del XX secolo. Il suo volume su Parvus, edito da Garzanti nel 1988, costituisce ancora oggi – a detta di Alexandra Voitenko - “lo studio più completo, dettagliato e imparziale nella storiografia europea occidentale e russa” della sua intricatissima vita.

All'interno del volume anche la storia – questa volta raccontata da Tatiana Ostakhova – del romanzo beffa: Le Notti di Mosca, scritto dallo stesso Zveteremich nel 1971 con uno pseudonimo russo. Un romanzo scandalo, non a caso pubblicato dalla Olympia Press di M. Girodias. Una sorta di satira pornopolitica dell'era breneviana, che fu tradotto immediatamente in moltissime lingue, compreso il russo. Nessuno dubitò che a scriverlo fosse stato un russo e Zveteremich che russo non era rivelò la paternità solo nel 1986, in occasione di una nuova edizione italiana del romanzo, che questa volta uscì col nome del suo vero autore.

Puntuale e di estrema utilità il profilo biografico dello slavista, scritto da Ernesto Modica, bibliotecario responsabile del “Fondo P. A. Zveteremich”. La conoscenza di Modica dello slavista non si limita alle sue carte, ma fu personale: di allievo dentro le aule universitarie e di interlocutore di lunghe e affascinanti discussioni tout court sulla Russia e non solo. Emblematico il tal senso il secondo intervento di Modica: “Ricordo di un Maestro”. Un'altra pennellata da non perdere per meglio definire il ritratto dello studioso e dell'uomo, quella di Ute Schwab, in forma di lettera al collega che non c'è più.

E poi la sezione imperdibile dei “Disegni, schizzi e quadri”, curata dalla figlia Erica che condivise col padre l'amore anche per la pittura. La sagacia, il mordente, la libertà con cui Zveteremich interpretò la vita sono tutte là - per esempio nelle pareti da lui affrescate nel bagno della casa di Roma. “Disegnare e dipingere era per lui un altro modo per esprimersi equivalente allo scrivere” - afferma Erica. Le parole e le “immagini” di Zveteremich traboccavano di vita. Questo libro ha il merito di farcene assaggiare almeno un po'... Di passarci il testimone del suo esuberante amore per la vita e per la Russia.

Giuseppe Iannello

 

L' articolo è apparso la prima volta in "Centonove" (9 luglio 2010) col titolo "Quel maestro di Zveteremich"

Links:

"Zveteremich racconta il caso Zivago" :  una rara intervista rilasciata alla radio polacca