PROPAGANDA MONUMENTALE

di Vladimir Vojnovic

Ed. Garzanti, pagg.480,euro 17,00

 

Ci sono romanzi che raccontano il passato cercando di farne rivivere la tensione e la drammaticità con una puntigliosa descrizione dei fatti, altri in cui, pur narrando essi lo stesso momento storico, tocca al lettore immaginare ciò che sta accadendo attorno ai protagonisti, sui quali si accentra l'attenzione dello scrittore. "Propaganda monumentale", il nuovo romanzo di Vladimir Vojnovic, nel raccontare gli anni difficili dello stalinismo nell'ex Unione Sovietica, non nasconde nulla: la paura che attanaglia anche i quadri del partito, le auto di servizio che escono nel silenzio della notte per raccogliere sfortunati e spesso del tutto ignari "traditori", i fantasmi che affollano i G.U.LAG., sottoposti a lavori sfibranti fino a rimanerne vittime. E tuttavia, la storia scivola via leggera, ironica, talvolta amara, spesso divertente, sullo sfondo di una protagonista, Aglaja Stepanovna Repkina, che coltiva il culto di Stalin, capace di sacrificare il proprio marito per l'ideale comunista, incredibile figura di carnefice presto costretta dalla Storia a divenire essa stessa vittima di un sistema non più costruito sul terrore ma sclerotizzato su formule vecchie e ormai ridicole, fino a che una nuova Russia alla ricerca, fra biznezmen sanguinari e nuovi burocrati, di una strada al capitalismo, non riesce, quasi per caso, a liberarsi di lei, simbolo di una generazione ormai "inutile".

La vita di Aglaja e dei suoi vicini di casa permette a Vojnovic di raccontare la vita dei cittadini della provincia russa in una serie di momenti di passaggio: dal terrore staliniano alla schizofrenia chrusceviana, dalla restaurazione brezneviana alla guerra in Afghanistan, dalla glasnost alla caduta dello stato sovietico, con mafiosi e politici disposti a tutto pur di arricchirsi e conquistare il potere. Sembra un grande film, come nell'ultima scena del "Dottor Zivago" la nostra protagonista ritrova prima di morire i volti del suo passato sfigurati anch'essi dagli anni e dalle trasformazioni sociali che il rivoluzionario cambiamento ha in qualche modo imposto: ma stavolta sono ex-quadri trasformati in preti, mediocri scrittori divenuti rispettati e ascoltati dissidenti, reduci della Grande Guerra alle prese con pensioni da fame, senza soldi ma sempre ubriachi. Ma che Russia è, quella che oggi Vojnovic (73 anni, nato a Dushambe', giunto alla fama negli anni '60 con La straordinaria storia del soldato Conkin) e la sua generazione si trovano davanti? Le parole dell'Ammiraglio, vecchio di grande cultura e ancor più grande lucidità, silenzioso dissidente ante-litteram, ci descrivono probabilmente i veri sentimenti dello scrittore nei confronti di chi oggi detiene il potere... (m.b.)

 

(da "Propaganda monumentale", di Vladimir Vojnovic)

...

"Fino a poco fa vivevamo in uno zoo. Ognuno aveva la sua brava gabbia. I predatori erano da una parte, gli erbivori da un'altra. E' naturale che tutti gli abitanti dello zoo sognassero la libertà e aspirassero a uscire dalle gabbie. Ora ci hanno aperto le gabbie. Siamo usciti in libertà e ci siamo accorti che il piacere di scorazzare sull'erba può anche costarci la vita. A stare veramente bene sono solo i predatori che ora sono liberi di mangiarci senza alcun limite. E adesso noi pensiamo, dopo averne avuto abbastanza della libertà, dopo essere stati terrorizzati per benino: non sarebbe meglio ritornare in gabbia, ma metterci dentro anche i predatori? Comunque dovremo servire loro da pasto, ma almeno in modo regolato. E perciò ci stiamo guardando in giro e cerchiamo..."

"Chi?" - chiesi.

"Be', diciamo, il direttore dello zoo. Che riporterà l'ordine e metterà ciascuno nella sua gabbia, darà da mangiare ai predatori, ma rifornirà anche noi del nostro fieno, dei cavoli e qualche volta, quando ci comporteremo bene, ci vizierà anche con qualche carotina"

"Con direttore lei intende Stalin?"

"Qualcuno di quel genere"

"Sarà comunista?"

"Penso che si farà chiamare in qualche altro modo."

...

"Lei sa già anche che aspetto ha?"

"Certo che lo so", disse l'Ammiraglio. "Si veste modestamente. Vagamente alla militare. Nella vita di tutti i giorni si accontenta di poco. Le cose materiali lo lasciano indifferente. Tanto più i generi di lusso. Non molto alto ma ben piazzato, suppergiù una corporatura come la sua."

"Allora, magari, eccolo qua, il nostro uomo", m'infervorai io.

"No", disse l'Ammiraglio, "lei non va bene per questo ruolo. Dubita troppo di sé stesso, parla in fretta e gesticola molto. Mentre il nostro uomo si comporta in modo enigmatico, senza clamore, ma sempre sicuro di sé. I suoi gesti sono misurati, ma espressivi. Con uno sguardo sa gettare nel panico gli uomini, le donne invece in un latro stato, ma lui è impotente."

"E' obbligatorio che sia impotente?"

"Si. Solo un uomo che non ha passioni e tentazioni, a parte quella del potere smisurato sui corpi e sugli spiriti, può diventare un idolo del popolo."

"Ha proprio delineato una bella immagine!"

"Un'immagine comune", disse l'Ammiraglio."L'immagine comune del tiranno. Le persone di quel tipo non si distinguono per una grande originalità".