Natalia Ciobanu ci racconta il suo incontro col regista poco prima di ricevere il Leone d'oro
Venerdì 9 settembre sono stata all'incontro con Aleksander Sokurov, organizzato da Cà Foscari Cinema in occasione della 68° Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia. Lì ho conosciuto il famoso regista russo, il creatore di "Arca russa" (2002) - la celebre pellicola che ormai è entrata a fare parte della storia del cinema. Un film di 96 minuti che Sokurov ha girato in un unico piano sequenza (ovvero, completamente senza montaggio) con l'utilizzo contemporaneo di 33 set e circa mille tra attori e comparse.
Durante l'incontro il regista ci ha parlato di tante cose, di tanti concetti - semplici e nello stesso tempo complessi: del ruolo distruttivo della televisione, della politica senza leader umanistici, della pericolosità del progresso tecnologico.
In un slancio idealista, Sokurov, ci ha detto che vorebbe mobilitare tutti gli esponenti della cultura mondiale per opporsi al danoso ruolo della televisione, al modo parassitario in cui essa è strutturata oggi. "Basta presentare un personaggio", dice Sokurov, "in un bel vestito, attorniato da una cornice dorata, che quello che dice passa in secondo o forse terzo piano, perchè la gente non ascolta - la gente guarda solamente."
Alla luce di questo suo pensiero, considera molto pericoloso il suo ruolo di regista nei confronti dei suoi spettatori. Infatti, secondo Sokurov, il possibile danno agli utenti dell'arte visiva, come il cinema o la televisione, può essere permanente e inguaribile.
Paradossalmente, il cineasta russo afferma di non amare il cinema, "beati i geni!!!"- ho pensato io, "anche Henri Cartier-Bresson, genio della fotografia, diceva di preferire la pittura". Comunque Sokurov ci ha confidato che fare il cinema è il suo destino, la sua croce - il parlarci attraverso questo mezzo.
Immersa nell'atmosfera umanistica del suo discorso, a volte saggio, a volte contestabile, mi è venuto un dubbio riguardo il suo ultimo lavoro presentato quest'anno al festival di Venezia, "Faust" - l’ultima parte di una tetralogia cinematografica su tre personaggi chiave della storia del XX secolo: Moloch (1999) su Hitler, Taurus (2001) su Lenin, e Il sole (2005) sull'imperatore Hirohito. I tre film della serie sono stati girati in lingua originale. Allora gli ho domandato: "perchè avesse girato la Tetralogia solo in lingua originale e non in russo, sapendo che in Russia non sono abituati ai sottotitoli e se era consapevole di tagliar fuori una buona parte della popolazione, destinando il film a una cerchia ristretta di cinefili?"
Sokurov mi ha risposto con una contro domanda: "Come si fa a leggere Dante non in italiano e Goethe non in tedesco? Si, è vero, è faticoso ma bisogna sforzarsi ad imparare leggere e capire i testi in lingua originale. La lingua va preservata e affinchè esiste al meno una persona che parla una certa lingua, questa lingua ha il diritto all'esistenza e alla sopravivenza."
Forse Sokurov ha ragione, abituati alla velocità, alle immagini appariscenti, non stiamo più attenti ai contenuti, ma visto che egli dice di essere contrario alla televisione di oggi, quindi, penso io, gli sta a cuore il popolo che guarda questa televisione. Considerando la vertiginosa diffusione dei reality nel mondo e il loro alto gradimento, mi domando come si faccia a cambiare il modo di pensare di queste persone, che non guardano affatto i film con i sottotitoli. Se va bene in Italia questi film andranno a finire in terza o quarta serata di Rai 3!
Purtroppo i film di Sokurov, oggi come oggi, secondo me, rimangono comunque di nicchia. Una nicchia pronta a "subirsi" un lungo film con i sottotitoli. Mentre il popolo "semplice", che quatidianamente è esposto alla "forza distruttiva della televisione", rimarrà comunque nel felice oblio del non sapere.
Natalia Ciobanu