Anniversari, l'eredità intellettuale del grande studioso e maestro
Geniale, poliedrico, antiaccademico, all'occasione beffardo, ironico... Questi sono alcuni degli aggettivi con cui è stato definito uno dei più grandi slavisti italiani di sempre, Pietro Antonio Zveteremich. Che proprio a Messina ha svolto tutta la sua attività di docenza universitaria. Sono trascorsi venti anni esatti da quando se n'è andato, nel sonno, la notte del 3 ottobre del 1992.
Zveteremich è entrato nella storia della slavistica per la traduzione, prima al mondo, de Il Dottor Zivago e per il ruolo svolto nella decisione della Feltrinelli di pubblicare quest'opera, nonostante le fortissime pressioni politiche in senso contrario.
Ma non solo, Zveteremich all'inizio degli anni '70 si rese autore di una beffa editoriale che ha dell'incredibile: scrisse e pubblicò un romanzo scandalo, Le notti di Mosca, sotto pseudonimo, spacciandosi per uno scrittore russo del samizdat. Ci fu grande “rumore”, ma nessuno si accorse dell'inganno. Fu lo stesso Zveteremich, venti anni dopo, in una nuova edizione in italiano del romanzo a rivelare i retroscena dell'operazione.
Zveteremich fu grandissimo ed infaticabile traduttore dei classici e di opere fondamentali del Novecento russo, ma anche storico sopraffino: il suo lungo saggio Il grande Parvus ha gettato nuova luce sulla rivoluzione bolscevica ed ancora oggi è un testo imprescindibile per chi voglia capire come Lenin riuscì ad arrivare al potere.
Ma tutte queste competenze non costituirono vanto nella sua attività di docenza, che si svolse a Messina nel silenzio e nell'operosità, volta solo a dare il meglio di sé agli studenti. Io fui fra quelli. Per lo più avevamo un'idea molto vaga di suoi meriti editoriali, ma riconoscevamo in lui un maestro insuperabile di letteratura; rimanevamo incantati dalle sue lezioni, per l'ampio respiro che esse avevano e al contempo per il desiderio che riuscivano ad iniettare di voler approfondire, sapere, leggere ed ancora leggere... Zveteremich seppe trasmetterci un amore straordinario per la sconfinata cultura russa.
Zveteremich ha lasciato la sua biblioteca e il suo archivio all'università di Messina, che ha tardato molto a metterli a disposizione degli appassionati e degli studiosi. Ma si sa la burocrazia è sempre stata nemica giurata della cultura. Da qualche anno le opere monografiche e le riviste del lascito sono consultabili; tuttavia non sono ancora accessibili i manoscritti e dattiloscritti, raccolti in ben 40 faldoni! Compensano in parte la “mancanza” due pubblicazioni della stessa università - Scritti di Letteratura a cultura Russa (1996) e Pietro A. Zveteremich. L'uomo, lo slavista, l'intellettuale (2009) - e la sezione speciale tutta dedicata allo slavista del sito www.russianecho.net.
Mi chiedevo qualche giorno fa, cosa rimane oggi dell'attività di questo grande studioso. Zveteremich non fu molto amato negli ambienti italiani filorusso-sovietici del suo tempo. Troppo critico, troppo indipendente, troppo irriducibile, fino al limite della blasfemia politico-sociale con Le notti di Mosca. Eppure i suoi allievi, ma anche i semplici lettori delle sue opere non hanno assaggiato nulla di “antirusso”, di pregiudizialmente antirusso, al contrario hanno assorbito un amore sotterraneo, inespresso, ma profondamente radicato verso l'alterità russa, verso la specificità russa, verso una ricchezza multiforme spesso non riconosciuta.
Non possiamo dire se questo suo atteggiamento sia stata una scelta voluta, sta di fatto che molti di quegli studenti messinesi ci ritroviamo ancora a parlare di lui, abbiamo opinioni diverse sulla Russia postsovietica e non sappiamo cosa Zveteremich ne penserebbe oggi, per esemplificare, di Putin. Ma quello che più conta è che Zveteremich continua a farci pensare alla Russia senza romanticismi, senza idealismi, ma al contempo, con una passione che ci lascia distanti anni luce dall'immagine della Russia trasmessaci dal main stream mediatico e da un'editoria al novanta per cento allineata a quella della moda corrente, dove la negatività è la notizia e il resto non esiste. Infatti il messaggio per niente subliminale che quotidianamente ci arriva è pressapoco questo: “cosa può mai venire di buono da “quel” paese, attaccato al suo passato e fin troppo asiatico in molte sue dimensioni e per questo così restio ad assimilarsi ai valori indiscutibili della civilizzazione occidentale?” Zveteremich ci ha insegnato a produrre gli anticorpi alle propagande, da qualunque parte esse provengano. Suggerendoci che c'è sempre un'altra storia...
3 ottobre 2012 (scritto per "La Cricca", n.1/2012)
Giuseppe Iannello