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In aereo, durante il volo da Londra a Mosca, ho preso a chiacchierare con una ragazza russa. Vive a Londra da sei anni, col marito inglese. Nel prosieguo della conversazione, mai una nota positiva sulla vita in quel paese, solo e sempre il nostalgico refrain sul suo passato moscovita. Quando il marito lavorava a Mosca per la televisione inglese, la vita era semplice e senza problemi, con lo stipendio in sterline e l’appartamento affittato per loro dal consolato britannico...Tutto era poi cambiato dopo il trasferimento a Londra. Là, la vita è terribilmente cara, il 40% dello stipendio si volatilizza in tasse (neanche un apprezzamento sulla sanità pubblica inglese e la sua proverbiale efficienza). Il denaro non basta per le proprie cose, figurarsi il resto!... Quattrocento sterline al mese solo per la metropolitana, sicché prima di andare in centro ci si pensa due volte, se ne valga la pena. Si deve fare economia anche sul riscaldamento, sull’acqua... La giovane si lamenta del carovita in Gran Bretagna, però non tiene conto del fatto che ormai da tre anni vive in Inghilterra senza cercarsi un lavoro perché ha scelto di non lavorare e può permetterselo... L’alloggio dove abita è caro, certo. In compenso è situato in un tranquillo quartiere residenziale con vista sul fiume. Per la signorina tutto questo sembra non contare... Vestirsi qui costa meno che a Mosca. Le sue amiche le regalano sempre qualcosa. Il mangiare non è caro. Però...
Però non è facile scrollarsi la solitudine di dosso. Benché il marito sia inglese, di amicizie tra gli inglesi non se n’è fatte ancora...
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Durante il mio soggiorno in Scozia ho l’occasione d’incontrare un professore di matematica del luogo. Insegna in una delle più vecchie università scozzesi ed ha scritto parecchi libri, alcuni dei quali sono stati tradotti anche in Russia e godono di ottima reputazione fra i matematici del nostro paese. Gli rivolgo qualche domanda per conto di una rivista scientifica. Quali sono i suoi scrittori preferiti? Abbozza un sorrisino come se si sentisse un po’ in colpa e confessa che in pratica negli ultimi sei anni non ha avuto il tempo di leggere neanche un testo che non fosse attinente alla sua materia. Beh, no... in realtà ha riletto il suo amato Tolkien, vedendolo stavolta sotto una luce diversa. (Mi torna in mente quel giovanotto incrociato nel metro londinese, tutto intento a divorarsi Harry Potter... ed io avevo pensato fra me e me che si trattava di letteratura per bambini, non per uomini fatti).
Tornando al noto matematico, fra gli scrittori russi cita solo Aleksandr Solzenicyn: poi, il buio. Eppure nelle librerie ho visto di tutto, compresi Puskin, Tolstoj, Dostoevskij...
In un pub mi è poi capitato di scambiare due chiacchiere con dei programmatori scozzesi. Ho tenuto a far presente che in Russia la Scozia è molto, molto conosciuta. Per rafforzare la mia tesi ho cominciato a snocciolare alcuni nomi di scozzesi famosi, fra cui Scott, il famoso scrittore Walter Scott. E con mia gran sorpresa uno di questi informatici non sapeva neppure chi fosse, Walter Scott! Vero che forse aveva bevuto un po’ troppo whisky, però.... però distingueva ancora benissimo Windows da Unix... mentre di Walter Scott non riusciva a ricordare assolutamente nulla. La conclusione che ne ho tratto è la seguente: in Occidente certi scienziati, persone esperte in un ben definito campo del sapere posseggono a volte una cultura limitata, si specializzano all’estremo e non escono quasi più dall’ambito che si sono ritagliati... Ma attenzione: in senso strettamente pratico ciò non rappresenta una debolezza bensì un punto di forza. L’uomo di cultura russo, infatti, con la sua istruzione a largo raggio, cha abbraccia l’arte e la filosofia, la letteratura e la fisica, fatica assai di più a concentrare la propria attenzione su un’unica branca dello scibile umano. Egli ha come la sensazione di poter essere sempre qualcos’altro, magari un grande scrittore, un attore, un musicista, uno scienziato o chissà che... Così spesso egli vede nel suo lavoro di ogni giorno la riprova del fatto che la vita non basta, è insoddisfacente, frustrante: e se ne cruccia. L’intima necessità, l’obbligo di esser grandi è una sorta di mania che spinge alla stizza quando non addirittura all’aggressività verso il prossimo: e questo perché in realtà non ci si sente mai pienamente realizzati. I figli del Grande Impero, i russi per l’appunto, di rado accettano un ruolo socialmente modesto, ordinario: al contrario essi si sfiancano in una perenne ricerca, in un continuo tentativo di corrispondere ad una grande idea di una patria grande...
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Esco dai negozi e qualche inglese mi tiene sempre la porta. Quando è accaduto la prima volta (all’uscita di uno shopping-center), a farlo è stato un robusto gentleman con gli occhiali: vedendo che mi stavo avvicinando mi ha aspettato letteralmente per un minuto buono. Ne ho dedotto che in Inghilterra gli uomini – o perlomeno alcuni di essi - fossero galanti. Ma la seconda volta è stata una donna a compiere lo stesso gesto: anche lei mi ha aspettatato un bel po’ per evitare che la porta mi finisse sul naso. Quelli che m’hanno stupito di più sono stati però degli adolescenti, ragazzini con le teste rasate come se ne vedono anche da noi in Russia: da loro proprio non mi sarei aspettata gesti di cavalleria. Viceversa uno di loro mi ha scorto, si è fermato e mi ha atteso sorridendo con aria amichevole... Io credo che una certa assenza di aggressività nelle persone non dipenda dal fatto che si sia intrinsecamente buoni o cattivi: semplicemente si tratta di aver assimilato a fondo alcune regole generali di comportamento sociale. Significa evitare di riversare su quelli che abbiamo attorno le nostre rabbie, non vedere in chi ci viene incontro un potenziale nemico, non difendersi attaccando... Urtate casualmente una persona in mezzo alla folla. Ma invece del ben noto, aspro: “E sta un po’ più attenta, no?”, ricevete in cambio scuse e un franco sorriso. A me è successo. Ho dato una spinta a un uomo e lui per tutta risposta mi ha chiesto scusa. Per quale motivo? Ma perché ha colto il mio imbarazzo, la mia goffaggine del momento: anche questo però non dipende dalla persona in questione, dalla sua caratura interiore. Più prosaicamente, è l’effetto di una educazione (impartita sin dalla più tenera infanzia) ad aver pazienza con le persone, a non metterle a disagio... Non si tratta neanche di solidarizzare con gli altri – noi russi siamo così fieri di mostrare apertamente la nostra attitudine alla solidarietà! Il più delle volte basta molto meno: un minimo di rispetto verso il prossimo. A scuola noi studiamo una quantità di cose, insegnamo le lingue straniere ai nostri figli già dagli anni della scuola materna ma... ma non sappiamo chiedere scusa ad una persona urtata involontariamente per strada.
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Rivolgo una domanda al mio professore scozzese: “Qual’è la cosa che la irrita di più nella gente?” “Più di tutto l’egoismo” mi risponde con un sorriso... Io naturalmente non idealizzo nessuno, mi sforzo soltanto di riflettere sui miei problemi mettendo a confronto le nostre esistenze così radicalmente diverse. C’è per esempio qualcosa, in Inghilterra, che rende la vita più lieve e più lieta della nostra: o almeno così parrebbe... Ho viaggiato parecchio sulle ottime strade britanniche aspettando di vedere qualche poliziotto della stradale che facesse rispettare i limiti di velocità. E dato che la nostra automobile superava spesso quella consentita (non è una novità che i russi amino andar veloci, soprattutto su strade come queste!) la cosa mi turbava anche un po’. Le autostrade, si sa, sono disseminate di videocamere che segnalano automaticamente gli eccessi di velocità. Qui però accade che, con un anticipo di qualche centinaio di metri, un cartello avverta della presenza del rilevatore elettronico. “Perchè avvisare gli automobilisti PRIMA del controllo automatico della velocità?” sbotto. “Così tutti rallentano subito!” “Vero” mi rispondono “ma è proprio questo l’obiettivo che si vuole raggiungere”. In definitiva ad esser multati sono solo gli automobilisti che non reagiscono all’avvertimento e continuano a ‘correre’ in tratti di strada particolarmente pericolosi. E’ una logica assai diversa dalla nostra, un modo di ragionare molto lontano da quello di noi russi. Allo stesso modo, in molti luoghi pubblici o nei negozi si vedono spesso cartelli che avvisano della presenza di videocamere in funzione: anche in questo caso il fine non è di cogliere in fallo qualcuno, bensì di avvisare, di dissuadere. Lo ripeto: si tratta di un abito mentale che ci è ancora in gran parte estraneo.
E adesso qualche parola sul famoso humour inglese. L’umorismo è una categoria dello spirito assai particolare, e può essere compreso solo se si conosce bene la cultura e il tipo di vita che gli han dato origine. Sapere la lingua non basta... Dopo esser tornata dal Regno Unito ho visto un vecchio film inglese dove si parlava di una delegazione russa in arrivo: bisognava procurarsi champagne, caviale e una torta, una torta russa. Gli inglesi ci pensavano su per un po’: che cosa sarà mai una torta russa? E si arrabattavano comicamente a scoprirlo. Forse mi sarebbe stato arduo cogliere queste sfumature umoristiche se nel frattempo non avessi mangiato anch’io una vera torta inglese, una torta salata. Già, perché in Gran Bretagna il burro è salato, e di conseguenza sono salati molti dei cosiddetti dolci di quel paese. Solo una volta in tutto il viaggio m’è capitato di acquistare un dolce “normale” (dal mio punto di vista): e l’ho davvero gradito...
Naturalmente vi sono altre situazioni comiche comprensibilissime per chiunque. Gli inglesi amano scherzare sempre e in ogni luogo... Così, ad esempio, mentre passeggiavamo in un parco dei divertimenti ci hanno fatto togliere dalla borsa un paio di lattine di birra (ragioni di sicurezza peraltro spiegabili: la lotta al terrorismo e tutto il resto). Ebbene, dopo avercele requisite il giovane poliziotto le ha sistemate in una specie di deposito bagagli e ci ha dato una contromarca con su scritto: “Naturalmente potrete riprendervele: ma non arrabbiatevi troppo se le troverete... vuote!”.
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E ancora una conversazione con dei connazionali. Vi sono parecchi russi in Gran Bretagna e, come in ogni altro paese, li si riconosce dallo sguardo, meglio ancora dall’espressione degli occhi. Ma questo non dipende dal periodo di tempo che essi hanno trascorso in Inghilterra, lungo o breve che sia; e neppure dai vestiti che portano. Vi è qualcosa di assolutamente peculiare nello sguardo dell’uomo russo: una sorta di ansia permanente mista a diffidenza. L’uomo russo non è abituato a vivere senza difficoltà, di fatto non riesce mai a rilassarsi: e lo si vede!
Di regola, come già accennato più sopra, tutti i russi si lamentano del carovita in Gran Bretagna. Solitamente dopo essersi trasferiti qui il loro tenore di vita è mutato: continuano sì ad appartenere alla classe media (sono il più delle volte persone con un’alta specializzazione tecnologica: informatici, fisici, biologi). Il fatto è però che la middle class inglese non vive affatto come in Russia. Le esigenze crescono in quantità e in qualità. Non è più sufficiente che l’appartamento in cui si vive sia spazioso e comodo. Per sentirsi pienamente realizzati occorre avere una casa o perlomeno un alloggio, ma sito in un quartiere signorile: e affinchè ciò si realizzi occorre sempre più denaro... Mangiar bene, bere meglio (tanto per dirne una, i migliori cognac francesi), vestirsi con eleganza: tutto questo è dato per scontato. I loro figli vanno all’università, ma all’università inglese, cosa che in Russia solo i più altolocati si possono permettere: in Inghilterra però è del tutto normale. E così pure i viaggi da Londra a Mosca e viceversa, più volte l’anno, per tutti i membri della propria famiglia sono considerati cosucce da nulla.
Il tenore di vita del ceto medio così com’era in Russia qui cresce in misura esponenziale e richiede un lavoro continuo ed instancabile: solo così potrà giungere il momento fatidico in cui il russo si sentirà alla pari con gli altri, se non addirittura superiore. In fondo, proprio a questo lo hanno “addestrato” in Russia: ad essere sempre il migliore di tutti...
Chiedo al solito professore di matematica che per anni ha lavorato nel campo delle tecnologie informatiche: “Di quale reputazione godono in Inghilterra gli informatici russi?”. Mi risponde così:”Non posso parlare dei tecnici russi perché non ho lavorato assieme con loro. Ma posso dirle un gran bene di uno specialista proveniente dalla Jugoslavia, ferratissimo in matematica, oltre ogni aspettativa”. Che strano! Per questa gente noi e gli jugoslavi siamo praticamente una cosa sola, un pezzo di mondo lontano e indistinto, una specie di lager o di ex-lager, niente di più preciso...
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Alla vigilia della mia partenza dalla Scozia sono andata un po’ a zonzo per Edimburgo: era un bel sabato sera. Camminavamo senza fretta per le viuzze incantevoli della capitale scozzese quando ad un tratto ci è venuto incontro un gruppo di giovani quasi tutti con i capelli tagliati cortissimi se non rasati a zero, vestiti di scuro (scarpe da calcio nere, guanti neri), con i caratteristici visi paonazzi da whisky o da birra. Ci si sono avvicinati rumorosamente, ogni tanto lanciando grida e fermando i passanti. Non posso dire di essermi spaventata, però mi sono messa un po’ in guardia: da noi un gruppo di ragazzotti vestiti di nero e con le teste rasate può prospettare le situazioni più inattese con conseguenze anche non troppo simpatiche... Il gruppo si è fermato per un po’ nei paraggi, poi un ragazzo si è staccato e si è diretto verso di noi. Deve averci scambiati per inglesi, cioè gente di un altro paese (perché Inghilterra e Scozia sono due stati differenti!), forse a causa delle nostra facce un po’ tese. E così ha cercato di spiegarci quel che stava accadendo. Si trattava della tradizionale bicchierata del sabato, allorché un fidanzato alla vigilia delle nozze e i suoi amici possono andarsene a spasso per le vie della città baciando impunemente tutte le donne che incontrano. Il giovanotto mi ha indicato il promesso sposo, io ne ho tratto in gran fretta le mie conclusioni e ci siamo spostati dall’altra parte della strada. In quello stesso momento ho potuto vedere che avevano cominciato ad abbracciare un’ altra donna incrociata per via. Però l’atmosfera era scherzosa, rilassata ed allegra. Eravamo quasi riusciti ad allontanarci dalla combriccola dei maschi quando ecco vediamo andar loro incontro un gruppo, stavolta di sole ragazze, tutte abbigliate in rosa. Molte delle giovincelle portavano buffe orecchie da coniglio e codine. I due gruppi si son fusi fra grida e risate. Si era trattato di un incontro casuale tra un gruppo di soli uomini e uno di sole donne. Una fidanzata alla vigilia delle nozze, lei pure, se ne andava in giro per le vie della città baciando tutti i giovanotti che le andavano a genio, fra festose risate. Ecco la parità dei diritti!...
L’ ho poi rivista poco dopo in un pub: ha invitato un giovane del luogo che stava seduto di fianco a noi. Lui era abbigliato alla scozzese nel senso tradizionale della parola, con kilt e calzettoni bianchi. Si guadagnava qualche soldino extra suonando la cornamusa nelle pause lavorative... Ebbene, la fanciulla di cui sopra lo ha trascinato nel bel mezzo della sala e fra gli applausi di tutti i presenti se lo è baciato a dispetto del fatto che lui non si mostrasse neppure troppo d’accordo!
Questa bella usanza mi ha colpito gradevolmente, vi emanava qualcosa che è anche di noi russi, come durante le feste di nozze in maschera nei nostri villaggi. Benchè si svolgesse in una grande città, conservava purtuttavia i tratti della calda atmosfera campagnola dove tutti si conoscono, nessuno si spaventa, ognuno si diverte e fa divertire gli altri.
In un pub ho conosciuto un gruppo di baldi programmatori scozzesi: quando è venuta l’ora di congedarci uno di loro mi ha regalato una rosa. Una fiorista era comparsa come per incanto al momento giusto nel posto giusto. Alla rosa accuratamente impacchettata erano state tolte tutte le spine. Proprio una rosa rosa senza spine. Pungersi era impossibile, dunque non rimaneva altro che sentirne il profumo e... inebriarsene, per l’appunto.
Larisa Vasilieva
traduzione di Gianni Piovano