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CVETAEVA, Marina Ivanovna (1892-1941) [prec.] [8] [succ.]

***

 

Мне нравится, что Вы больны не мной,

Мне нравится, что я больна не Вами,

Что никогда тяжелый шар земной

Не уплывет под нашими ногами.

Мне нравится, что можно быть смешной

Распущенной - и не играть словами,

И не краснеть удушливой волной,

Слегка соприкоснувшись рукавами.

Мне нравится еще, что Вы при мне

Спокойно обнимаете другую,

Не прочите мне в адовом огне

Гореть за то, что я не Вас целую.

Что имя нежное мое, мой нежный, не

Упоминаете ни днем ни ночью — всуе...

Что никогда в церковной тишине

Не пропоют над нами: аллилуйя!

Спасибо Вам и сердцем и рукой

За то, что Вы меня — не зная сами! —

Так любите: за мой ночной покой,

За редкость встреч закатными часами,

За наши не-гулянья под луной,

За солнце не у нас на головами,

За то, что Вы больны — увы! — не мной,

За то, что я больна — увы! — не Вами.

3 мая 1915

 

***

 

Son lieta che voi siate malato non di me,

Son lieta d’essere io malata non di voi,

Che mai il pesante globo della terra

Si stacchera da sotto i nostri piedi.

Son lieta di potermi divertire,

Lasciarmi andare – e non giocar con le parole,

E non diventar rossi e soffocare

Per essersi sfiorati con le maniche.

Son lieta anche che voi, davanti a me,

Tranquillamente v’abbracciate un’altra;

Che non merito il fuoco dell’inferno

Perche bacio non voi; che giorno e notte,

Mio tenero, non mi ricordiate

— inutilmente — il mio tenero nome...

Che nel silenzio d’una chiesa mai

Su noi sara cantato l’alleluja!

Vi ringrazio col cuore e con la mano,

Per amarmi cosi — senza saperlo! –

Per la tranquillita delle mie notti,

Perche non c’incontriamo mai al tramonto,

Per le non-passeggiate al chiar di luna,

Per il sole non sopra ai nostri capi,

Perche siete malato — oh! — non di me,

Perche io son malata — oh! — non di voi.

3 maggio 1915

Traduzione dal russo di F. Gabbrielli.


NdT:
Katia Del Frari mi fa gentilmente notare che la precedente versione di questa poesia non stava, come si dice, né in cielo né in terra.
Rileggendo, e considerando che l’interpretazione della lettrice (qui di seguito riportata) è, non dico verosimile, ma certamente esatta (cioé perfettamente tagliata sulla concezione che Marina aveva dell’amore) non m’è rimasto che correggere la mia, cosa che ho fatto ben volentieri. Ce ne fossero, di lettori così.

Sono contenta che voi siate ammalato non di me,
sono contenta che io sia ammalata non di voi,
che mai la pesante sfera terrestre
manchera sotto i nostri piedi.
Sono contenta che si possa essere buffe lasciate
andare - e non giocare con le parole,
e non arrossire di un'onda soffocante
appena sfiorandosi con le maniche.
Sono contenta, inoltre, che voi davanti a me
tranquillamente abbracciate un'altra,
non mi augurate di bruciare nel fuoco
infernale perche bacio non voi.
Che il mio dolce nome, mio tenero,
non ricordate ne di giorno ne di notte - invano...
Che mai nel silenzio di una chiesa
canteranno sopra di noi: Alleluja!
Vi ringrazio con il cuore e con la mano
per il fatto che voi - senza saperlo!- cosi
mi amate: per la mia tranquillita notturna,
per la rarita degli incontri alle ore del tramonto,
per le nostre non-passeggiate sotto la luna,
per il sole non sopra le nostre teste,
per il fatto che voi siate ammalato-ahime!-non di me,
per il fatto che io sia ammalata - ahime!-non di voi.