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IL CICLO "L'AMICA"
e altri versi - 9

CVETAEVA, Marina Ivanovna (1892-1941) [prec.] [25] [succ.]

21 gennaio 1915. Elèna Volòshina scrive alla solita amica: “Il ‘romanzo’ di Serjòzha s’è concluso felicemente [probabilmente un’avventura messa su apposta da Sergej per far ingelosire Marina]. Quello di Marina prosegue con una forza così incontenibile che è ormai impossibile arrestarlo. Le toccherà bruciarsi del tutto in quello. Lo sa Allah, come si concluderà questa faccenda...
Si concluderà al modo solito di Marina. Stanchezza? Un nuovo amore? Il pensiero, ricorrente in lei, del Bambino, l’Enfant - di cui tratterà diffusamente nella Lettera all’Amazzone – senza il quale un amore lesbico manca di sostanza? Questo, c’è da scommettere, nemmeno Allah lo sapeva. Ma tutto ormai è cambiato: anche il “Voi”, della rievocazione del primo incontro appena letta, si muta di botto in “tu”,  in questo annuncio-proclama, premonitore del distacco:

11

 

Все глаза под солнцем — жгучи,

День не равен дню.

Говорю тебе на случай,

Если изменю:

 

Чьи б ни целовала губы

Я в любовный час,

Черной полночью кому бы

Страшно ни клялась, —

 

Жить, как мать велит ребенку,

Как цветочек цвесть,

Никогда ни в чью сторонку

Глазом не повесть...

 

Видишь крестик кипарисный?

— Он тебе знаком —

Все проснется — только свистни

Под моим окном. [1]


22 февраля 1915



[1] La crocetta essendo appesa al collo. Svisten’, balordo, vagabondo, scavezzacollo, che bighellona sfaccendato (Dal’).

 

11

 

Son tutti ardenti gli occhi, sotto il sole,

Non c’è giorno uguale all’altro.

Te lo dico se per caso

Io dovessi un dì cambiare:

 

Non bacerei le labbra di qualcuno

In un ora d’amore,

Che nella nera mezzanotte poi

Non abbia a maledire con orrore, —

 

Vivere, come comanda madre a figlio,

E’ come lo sbocciar dei fiori:

Non esiste, a questo mondo,

Di guidarlo con lo sguardo...

 

Vedi questa crocetta di cipresso?

— Tu la conosci bene —

Sempre sobbalzerà — a chiunque fischi

Sotto la mia finestra.

 

22 febbraio 1915

 

Mosca, 5 febbraio 1915. Ancora una lettera della Volòshina all’amica: “... Ieri sono stata da Sonja e abbiamo parlato per diverse ore. C’erano molte lacune nei suoi discorsi, ne sono rimasta urtata. Ma ci sono stati minuti in cui mi sono vergognata di me stessa per aver parlato di lei con persone estranee, condannandola, o per aver emesso freddamente sentenze senza appello, degne d’un boia...”. Che cara donna, mammà Volòshina! Una vera baba russa, in casacca e pantaloni, ma che anima d’oro! Che Dio l’abbia in gloria.

 

Traduzione dal russo e note di F. Gabbrielli.