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IL CICLO "L'AMICA"
e altri versi - 5

CVETAEVA, Marina Ivanovna (1892-1941) [prec.] [21] [succ.]

6  

Ночью над кофейной гущей

Плачет, глядя на Восток.

Рот невинен и распущен,

Как чудовищный цветок.

 

Скоро месяц — юн и тонок —

Сменит алую зарю.

Сколько я тебе гребенок

И колечек подарю!

 

Юный месяц между веток

Никого не устерег.

Сколько подарю браслеток,

И цепочек, и серег!

 

Как из-под тяжелой гривы

Блещут яркие зрачки!

Спутники твои ревнивы? —

Кони кровные легки!

 

6 декабря 1914

 

6

Di notte, sopra i fondi di caffè,

Si strugge, guardando verso oriente.

La bocca sfatta ed innocente,

Come un fiore mostruoso.

 

Presto la luna — nuova e delicata —

Darà il cambio al crepuscolo scarlatto.

Sai quanti pèttini e anellini

Io ti regalerò!

 

Una giovane luna fra i rametti

Mai è riuscita a proteggere nessuno [1].

Sai quanti braccialetti ti farò,

E collane, e orecchini!

 

Come, da sotto la pesante zazzera,

Splendono le pupille luminose!

Sono gelosi i tuoi compagni? —

I cavalli di razza son leggeri!

 

6 dicembre 1914


[1] Dalle profferte amorose.

 

E’ un amore profondo, travolgente, che non sboccia tanto, o non solo, fra due giovani donne (Marina 22 anni, Sonja 29) quanto fra madre e figlia: come se Marina avesse ritrovato in Sonja la madre, strappatale a 14 anni, ultima d’una tragica serie di affetti, dalla tbc; e Sonja in Marina la figlia che non fu mai, nella gelida casa paterna.

Anche la storia sospende il suo corso, le sue leggi, i suoi nessi, almeno fino all’alba:

 

Уж часы — который час? —

Прозвенели.

Впадины огромных глаз,

Платья струйчатый атлас...

Еле-еле вижу Вас,

Еле-еле.

 

У соседнего крыльца

Свет погашен.

Где-то любят без конца...

Очерк Вашего лица

Очень страшен.

 

В комнате полутемно,

Ночь — едина.

Лунным светом пронзено,

Углубленное окно —

Словно льдина.

 

— Вы сдались? — звучит вопрос.

— Не боролась.

Голос от луны замерз.

Голос — словно за сто верст

Этот голос!

 

Лунный луч меж нами встал,

Миром движа.

Нестерпимо заблистал

Бешеных волос металл

Темно-рыжий.

 

Бег истории забыт

В лунном беге.

Зеркало луну дробит.

Отдаленный звон копыт,

Скрип телеги.

 

Уличный фонарь потух,

Бег — уменьшен.

Скоро пропоет петух

Расставание для двух

Юных женщин.

 

1 ноября 1914

 

Già è suonato l’orologio

— che ore sono? —

Occhiaie d’occhi enormi,

I rivoli di raso della veste...

A malapena scorgo Voi,

A malapena.

 

All’ingresso del vicino

La luce è spenta.

Da qualche parte si ama senza orari...

Terribile, il profilo

Del Vostro viso.

 

Nella camera in penombra,

Tutto è notte.

Trafitta dalla luce della luna

E’ una lastra di ghiaccio la finestra – 

Assorta.

 

— Vi siete arresa? — echeggia una domanda.

— Non ho lottato.

La voce è congelata dalla luna —

Come arrivasse da cento chilometri,

Questa voce!

 

Il raggio della luna s’è fermato

In mezzo a noi, spostandosi con calma.

Ha preso a scintillare, insopportabile,

Il metallo rosso-scuro

Dei capelli indiavolati.

 

La corsa della storia s’è smarrita

In quella della luna,

Che lo specchio frantuma.

Un battere di zoccoli, lontano

Cigola una telèga.

 

S’è spento il lampione della strada,

La corsa — rallenta.

Fra poco il gallo suonerà la sveglia

Per due giovani

Donne.

 

1 novembre 1914

 

Anche questa poesia non fa parte del ciclo. Già: il marito, la figlia, il mondo, coi suoi affetti sospesi. La fedeltà. Del 3 dicembre 1914 è una poesia incompiuta (e nel verso che manca, nell’accenno a un mito a me ignoto, è nascosta la chiave per intenderla) Marina espone il suo programma di fedeltà: ai ricordi, a ciò che l’ha segnata nell’anima: solo di questo si sente fatta: solo i fili della memoria, nient’altro, la tengono legata al mondo. E ogni cosa ricorda: ogni ricciolo di bimbo, ogni sorriso, profumo, vela, mano, anello, ogni viso alla stazione, ogni bocca che non l’ha baciata, tutti i nomi, di gente e cani... E conclude:

Io son fedele a modo mio –    

Non altrimenti.

 

Traduzione dal russo e note di F. Gabbrielli.