CVETAEVA, Marina Ivanovna (1892-1941) | [prec.] [20] [succ.] |
4 Вам
одеваться
было лень, И
было лень
вставать из
кресел. — А
каждый Ваш
грядущий
день Моим
весельем
был бы весел. Особенно
смущало Вас Идти
так поздно в
ночь н холод. — А
каждый Ваш
грядущнй
час Моим
весельем
был бы молод. Вы
это сделали
без зла, Невинно
и
непоправимо. — Я
Вашей
юностью
была, Которая
проходит
мимо.
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4 Eravate
indolente nel vestirvi, Indolente
d’alzarvi dal divano. —
Ma ogni Vostro giorno che verrà Della
mia gioia si farà felice. In
special modo vi scocciava andarvene Così
tardi di notte, in mezzo al gelo. —
Ma ogni Vostro istante che verrà Della
mia gioia si sentirà giovane. L’avete
fatto senza cattiveria, Con
innocenza, e irreparabilmente. —
Io nella Vostra gioventù son stata, Colei
che passa e va senza fermarsi.
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Non mancano screzi. Il giorno dopo, 26 ottobre, alle otto di sera, nevica, Marina è in strada quando vede sfrecciare una slitta. Ode la nota risata. E’ Sonja, insieme a un’altra: “occhi negli occhi, pelliccia a pelliccia”. Come il piccolo Kay nella fiaba di Andersen (Marina amava le fiabe, era una patita di Heidi), si sente tramutare in statua di ghiaccio: Sonja è la sua crudele Regina delle Nevi:
5
Сегодня,
часу в
восьмом, Стремглав
по Большой
Лубянке, Как
пуля, как
снежный ком, Куда-то
промчались
санки. Уже
прозвеневший
смех... Я
так и
застыла
взглядом: Волос
рыжеватый
мех, И кто-то
высокий —
рядом! Вы
были уже с
другой, С
ней путь
открывали
санный, С
желанной и
дорогой, — Сильнее,
чем я —
желанной. — Oh, je n'en puis plus, j'etouffe— Вы
крикнули во
весь голос, Размашисто
запахнув На
ней меховую
полость. Мир
— весел и
вечер лих! Из муфты
летят
покупки... Так
мчались Вы в
снежный
вихрь, Взор
к взору и
шубка к
шубке. И
был
жесточайший
бунт, И
снег
осыпался
бело. Я
около двух
секунд — Не
более —
вслед
глядела. И
гладила
длинный
ворс На
шубке своей
— без гнева. Ваш
маленький
Кай замерз, О Снежная
Королева. 26 октября
1914
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Sulla
Grande Lubjanka, verso l’otto, Oggi
vedo sfrecciare a precipizio, Come
un proiettile, una palla di neve, Una
slitta diretta chissà dove. Già
era risuonata la risata... Son
rimasta di ghiaccio appena ho visto La
rossiccia matassa di capelli, E
qualcuno, alto, che le stava accanto! Già
Voi stavate con un’altra, Con
lei la slitta apriva la sua strada, Insieme
a lei, desiderata e cara – Con
più forza di me — desiderata. — Oh, je n’en puis plus, j’etouffe [1]— Gridavate
con quanto fiato in gola, Con
ampio gesto su di lei chiudendo La
pelliccia da slitta, premurosa. [2] Il
mondo è allegro e la serata breve! Dal
manicotto volano gli acquisti... Così
in quel turbinìo Voi sfrecciavate, Occhi
negli occhi e pelliccia a pelliccia. E
ci fu la rivolta più crudele, E
la neve ricadde nel biancore. Per
circa due secondi, non di più, V’inseguii
con lo sguardo. E
intanto accarezzavo – senza rabbia – Il
lungo pelo della mia pelliccia. Si
congelò, Regina delle Nevi, Il
Vostro piccolo Kay. [3] [1] “Oh, non ne posso più, sto soffocando” [2] Polost’, pelliccia d’orso a uso di chi va in slitta, a proteggersi dal freddo, schizzi di neve, e altro, sollevati dai cavalli in corsa. [3] Dall’omonima fiaba di Andersen: Kay è il bimbo trasformato in statua di ghiaccio (la scheggia d’uno specchio fatato gli aveva trafitto un occhio) e rapito dalla Regina delle Nevi.
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Ci sarà il chiarimento, la rappacificazione, e di nuovo il corteggiamento...
Traduzione dal russo e note di F. Gabbrielli.