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IL CICLO "L'AMICA"
e altri versi - 1

CVETAEVA, Marina Ivanovna (1892-1941) [prec.] [17] [succ.

Я видела Вас три раза,

Но нам не остаться врозь.

— Ведь первая Ваша фраза

Мне сердце прожгла насквозь!

 

Мне смысл ее так же темен,

Как шум молодой листвы.

Вы—точно портрет в альбоме,

И мне не узнать, кто Вы.

....

Здесь всё—говорят—случайно,

И можно закрыть альбом...

О, мраморный лоб! О, тайна

За этим огромным лбом!

 

Послушайте, я правдива

До вызова, до тоски:

Моя золотая грива

Не знает ничьей руки.

 

Мой дух — не смирён никем он.

Мы—души различных каст.

И мой неподкупный демон

Мне Вас полюбить не даст.

 

— «Так что ж это было?»—Это

Рассудит иной Судья.

Здесь многому нет ответа,

И Вам не узнать — кто я.

 

13 июля 1914

 

Vi avrò vista tre volte, ma è destino

Che non si debba stare separate.

Anche perché la Vostra prima frase

M’incendiò il cuore, da una parte all’altra!

 

Mi rimase, il suo senso, misterioso,

Come il fruscìo del giovane fogliame.

Siete come un ritratto dentro un album,

Ma non riesco a ravvisare chi.

....

Qui, dicono, ogni cosa avviene a caso,

E anche chiudere l’album è possibile...

O, marmorina fronte! Che mistero

C’è dietro quella fronte sterminata!

 

Ascoltatemi, io sarò sincera

Fino alla sfida, fino all’afflizione:

La mia criniera d’oro

Non conosce mano alcuna.

 

Il mio spirito scalpita a chiunque.

Noi siamo anime di diverse caste.

E non permetterà, il mio incorruttibile

Demone che di Voi io m’innamori.

 

«Che cosa è stato questo, allora? » — Questo

Lo dovrà stabilire un altro Giudice.

A molte cose qui non c’è risposta,

E non è dato a Voi saper chi sono.

 

13 luglio 1914

 

БАБУШКЕ

 

Продолговатый и твердый овал,

Черного платья раструбы...

Юная бабушка! Кто целовал

Ваши надменные губы?

 

Руки, которые в залах дворца

Вальсы Шопена играли...

По сторонам ледяного лица —

Локоны в виде спирали.

 

Темный, прямой и взыскательный взгляд.

Взгляд, к обороне готовый.

Юные женщины так не глядят.

Юная бабушка, — кто Вы?

 

Сколько возможностей Вы унесли

И невозможностей — сколько? —

В ненасытимую прорву земли,

Двадцатилетняя полька!

 

День был невинен, и ветер был свеж.

Темные звезды погасли.

— Бабушка! Этот жестокий мятеж

В сердце моем — не от Вас ли?..

 

4 сентября 1914

A UNA NONNETTA

 

L’ovale lungo e pieno di vigore,

Le svasature del vestito nero...

Ragazzina nonnetta! Ha mai baciato

Qualcuno quelle Vostre labbra altere?

 

Le mani che suonavano Chopin 

I valzer — nei saloni del palazzo...

Le boccole cadenti giù in spirali

D’ambo i lati di quel volto di ghiaccio.

 

Il nero, dritto, inquisitorio sguardo,

Pronto a ritrarsi sulla difensiva.

Non guardano così le ragazzine.

Ragazzina nonnetta, — ma chi siete?

 

Quante chances portate insieme a Voi,

E impossibilità — quante? 

Nell’insaziato ventre della terra,

Voi ventenne polacca?

 

Il giorno è stato innocuo, il vento fresco.

Le buie stelle sono tramontate.

  Nonnetta! Questa atroce insurrezione

Che ho in cuore –  non siete stata Voi?

 

4 settembre 1914

Questi due pezzi non fanno parte del ciclo Podruga, in cui la Cvetaeva traccia la parabola del suo amore per la poetessa Sofija Parnok, ma, chissà perché, leggendoli, e trovandoli - nell’immenso corpus della Cvetaeva, sempre cronologicamente agganciato agli avvenimenti della vita – subito prima della raccolta,  ho avuto la sensazione che si riferissero a lei, che il loro primo incontro fosse avvenuto dunque non nell’ottobre del ’14 a Mosca, ma quell’estate, a Koktebel’, in Crimea, che magari Marina l’avesse notata solo di vista. Sonja era nata non lontano da lì (a Taganròg, la città natale di Cehov) il 30 luglio 1885. Padre farmacista, madre medico. Aveva sei anni quando sua madre morì di parto. Il padre si risposò. Infanzia e adolescenza non lasciano tracce di nostalgia nell’opera della Parnok, al contrario di quella della Cvetaeva. Di natura timida e passionale, tanto chiusa in sé quanto sensibile e intelligente, ottenuta nel 1903 la maturità (con lode) Sonja parte per la Svizzera insieme al suo primo amore, Nadezhda Poljakova. A Ginevra frequenta il conservatorio. Tornata in Russia, con una buona padronanza sia del francese che del pianoforte, s’iscrive alla facoltà di Legge. Compone poesie, fiabe, un libretto d’opera, traduce dal francese. Dopo una storia d’amore con la giornalista e editrice Ljubov Jakovlevna Gurevich, nel 1907 sposa a Pietroburgo V.M.Vol’kenshtein, letterato e teorico del teatro. Lo lascia due anni dopo, e si trasferisce a Mosca, senza curarsi più di tanto che lui non voglia concederle il divorzio. Più tardi confesserà all’amico Gnesin: “Purtroppo, non mi sono mai innamorata d’un uomo”. Con lo pseudonimo di Andrej Poljanin si occupa di critica e recensioni letterarie (fra gli altri: Esenin, Mandel’shtam, Kuzmin, Brjusov), collabora alle riviste Severnye Zapiski e Russkaja Molvà. Bene introdotta negli ambienti letterari delle due capitali, è fra i musicisti però che conta le maggiori amicizie. A una serata letteraria, a Mosca, s’incontra (o si rivede) con Marina, e ha inizio l’avventura...

Traduzione dal russo e note di F. Gabbrielli.