Pietro A. Zveteremich

Aggiornata il 29 Maggio 2009  •  1 Commenti

Niente sesso siamo russi


Il primo congresso internazionale su "Amore e sessualità nella letteratura russa del XX secolo" (Losanna, 1989).


Come in tutte le letterature del mondo, l’amore nelle sue infinite espressioni anche in quella russa è ovviamente sempre stato alimento primo e tema centrale. In essa, tuttavia, e a differenza di altre letterature europee, appare carente il rispecchiamento del sesso e della sua problematica. Dicendo carente non vogliamo dire assente. C’era nell’antico folklore russo una feconda produzione in questo senso, come testimoniano canzoni proverbi e fiabe cosiddette “oscene”, raccolte nell’Ottocento dal celebre etnologo Afanasiev. Questa vena però non poté mai trovare sbocco nella letteratura scritta, nata tardi dopo il Mille, per secoli controllata dalla Chiesa ortodossa e dalla censura zarista. Quando quest’ultima, con la rivoluzione del 1905, di molto si attenuò, al breve periodo di libertà seguì ben presto l’assai più pesante, e penetrante, censura comunista.

Ma in quel breve periodo, che più o meno coincide con la cosiddetta “epoca d’argento” delle arti russe, anche la sessualità emerse in letteratura attraverso un ampio ventaglio di opere, dalle più qualificate e profonde alle più facili ed effimere. Memori degli inediti versi libertini di Puškin, dei fantasmi auto-repressi di Gogol’, della “poetica del denudamento” di Dostojevskij, delle dilacerazioni di Tolstoj sulla questione, gli autori del Novecento iniziarono un’esplorazione ardita e scoperta anche in questo campo. Da V. Ivanov a Kuzmin, da Sologub a Rozanov, dalla Parnok a Klujev, fino a Babel’, a Platonov, la tematica dell’amore fisico ebbe alti cultori.

Con il «realismo socialista», ovvero con lo strangolamento di ogni libera creatività, tolte rare e casuali eccezioni, tutto ciò scomparve dalla letteratura. Si deve giungere all’epoca post-staliniana e ai dissidenti come Terz-Sinjavskij fra i primi, e poi l’Erofeev di “Mosca sulla vodka”, a Vachtin, Iskander, fino allo stesso Solženitsyn, a Limonov e ai più recenti autori russi per ritrovare il filone di questa ricerca.

Ha suscitato perciò grande eco il colloquio internazionale su “Amore e sessualità nella letteratura russa del XX secolo” organizzato nello scorso giugno dall’università di Losanna. Vi hanno dato il loro apporto studiosi di vari Paesi, fra cui l’Urss, toccando una tastiera abbastanza complessa di argomenti e problemi. Lo sguardo si è puntato su singoli autori od opere come su problemi di tendenze e di storiografia letteraria, sulla questione generale del puritanesimo, vero o presunto, della letteratura russa e su quella dell’impiego del linguaggio indecente. Queste due questioni hanno il loro peso in quanto preliminari all’approccio stesso al tema. E’ stato lo slavista Georges Nivat di Ginevra che si è chiesto: « Perché il puritanesimo della letteratura russa?», mentre Boris Oguibenine di Parigi si è soffermato su « La poetica del linguaggio sconveniente».

Se la censura ha influito in modo determinante nella sua storia precisamente su questi due aspetti, vi sono state anche altre ragioni che li hanno condizionati. Non si può neppure dire che essi presentino soltanto un interesse storico, giacché ancora oggi con la “glasnost”, sebbene incomparabilmente attenuate, la censura e l’auto-censura non sono scomparse. Seppur ha visto le stampe “Lolita” di Nabokov, pare ancora difficile che appaiano legalmente i libri di Venedikt Erofeev e di E. Limonov. Così finora non sono più riapparse in Urss opere di qualità del primo Novecento come i romanzi “Ali” di Kuzmin e “Sanin” di Artsybascev, i cicli poetici di Ivanov e della Parnok, che pure circolavano ancora negli anni Venti. Si potrebbero fare altri esempi. Fiori di quella grande stagione di libertà e creatività, queste opere sono state esaminate al Colloquio nelle relazioni di M. Turovskaja di Mosca, che ha trattato di “A. Anfiteatrov” e la «questione femminile»; e degli slavismi tedeschi K. Harer e F. Schindler sulle “Ali” di Kuzmin, ovvero due approcci ad un romanzo «omosessuale».

Ma anche il periodo più plumbeo, quello staliniano, con il suo segno repressivo, con i suoi divieti non solo tematici bensì anche stilistici, induce ad un’analisi sia per le sue zone vuote, sia per quanto d’amore e sesso si fece strada in letteratura. Ed ecco gli apporti di A. Baudin, L. H. Heller e T. L. Ahusen su «Il corpo e le sue immagini nel realismo socialista». Figure, visioni, parole sessualmente caratterizzate si ritrovano a onta di ogni imposto tabù anche nelle opere degli autori (a torto o ragione) più celebrati sotto questa bandiera: da Majakovskij a Sciolochov, da Leonov a Tvardovskij.

Né poteva essere altrimenti: come nella vita, anche in letteratura amore e sesso sono una forza eversiva che spregia ogni sbarramento. Non per nulla le dittature, di sinistra o di destra che siano, la paventano e tentano di imbrigliarla. Rivelatrice anche la panoramica data da M. Heller su «La preda del vincitore: la donna della classe vinta nella letteratura sovietica». Inoltre a giudicare dalla relazione di Victor Erofeev di Mosca su «Amore ed erotismo nella letteratura sovietica attuale», il controllo del potere oggi pare assai mitigato, ma si è ancor ben lontani da una vera libertà d’espressione.

I temi dell’amore e della sessualità nella letteratura russa di ieri e di oggi costituiscono dunque un terreno ancora poco esplorato e poco scavato. Il colloquio di Losanna ha aperto in questa direzione la strada, poiché è stato il primo approccio collettivo di studiosi di vari Paesi a tale problematica. Si deve riconoscere a Leonid Heller, noto per i suoi studi di critica letteraria russa e sulla fantascienza sovietica, direttore della sezione di lingue e civiltà slave della facoltà di Lettere dell’università di Losanna, il merito d’averlo ideato e organizzato, superando molte difficoltà. Fra esse, non ultime, le esitazioni di certi intellettuali ed accademici a esporsi su un terreno così scabroso. Non è mancato tuttavia il contributo italiano con U. Persi di Bergamo sui testi erotici di A. Kamenskij e del sottoscritto dell’università di Messina sulla simbiosi di stile ed erotismo nell’opera di Babel’.

Pietro A. Zveteremich


da “La Sicilia”, 20/9/1989