Pietro A. Zveteremich
Finalmente si apre. Anche se a metà
Dopo 15 anni di attesa e annunci rimasti disattesi si apre il Fondo Zveteremich. Con molte speranze e molte incognite. Solo una parte del lascito infatti sarà fruibile al pubblico.
Finalmente si apre. Il Fondo del celebre slavista Pietro Zveteremich sarà inaugurato nel corso di un convegno di studi a lui dedicato il 18 aprile a Messina. Questa volta sembra quella buona: gli inviti sono stati fatti. Sono annunciati tutti i grossi nomi della slavistica italiana e, fiore all’occhiello della manifestazione, la presenza di Evgenij Pasternak, figlio e curatore dell’eredità letteraria di Boris Pasternak, autore de “Il dottor Zivago” e Nobel per la letteratura nel 1958.
Sono trascorsi esattamente quindici anni da quando nei primi giorni di aprile del 1993 giungevano all’Università di Messina sedici grandi casse che raccoglievano tutto il patrimonio culturale di Zveteremich, uno slavista poliedrico che non era stato soltanto un accademico. L’ex Facoltà di Magistero l’aveva avuto tra i suoi docenti fino al giorno della sua morte, giunta improvvisamente nell’ottobre del 1992, e aveva raccolto il lascito degli eredi che adempivano ad una precisa volontà dello studioso. L’interesse per i contenuti di quelle casse era altissimo, non si trattava solo di libri e riviste, spesso rare, ma di una raccolta di lettere, manoscritti e dattiloscritti che testimoniavano dei legami diretti di Zveteremich con scrittori e intellettuali protagonisti degli anni durissimi della letteratura russa in epoca sovietica. Erenburg, Pasternak, Sinjavskij sono solo alcuni dei nomi degli autografi che costituiscono parte integrante del lascito.
I giornali locali già nell’autunno del 1994 danno come imminente l’apertura del Fondo. Evidentemente però difficoltà di natura burocratica si frappongono tra la buona volontà delle parti e solo nel 1996 viene firmato l’atto giuridico della donazione. A questo punto sembra fatta! Gli studiosi e gli appassionati di cultura e storia russa incominciano a fregarsi le mani in attesa di poter “godersi” dal vivo quel patrimonio. Ma improvvisamente cala il silenzio, tra la stizza dei famigliari dello slavista e dei potenziali fruitori e l’immobilismo delle autorità universitarie, che si svegliano solo nel 2002, annunciando per la seconda volta l’apertura del fondo nell’ambito di un convegno che avrebbe dovuto svolgersi a dieci anni dalla morte. Sono soltanto parole perché per il fondo non c’è ancora un’ubicazione certa e non è stata fatta nessuna catalogazione. I famigliari intervengono e bloccano celebrazioni senza senso e si affidano agli avvocati; la sostanza del messaggio è: o rendete fruibile il fondo nel più breve tempo possibile – condizione sine qua non presente negli atti della donazione - o ci riprendiamo tutto. Questa volta la Facoltà di Lettere, la quale nel frattempo aveva assorbito molti dei corsi di laurea dell’ex Magistero, si smuove e nella persona del suo preside di allora, il professore Giovanni Cupaiolo, promette solennemente alla figlia dello slavista, Erica Zveteremich, che il fondo sarebbe stato aperto nella nuova sede della Facoltà entro l’anno accademico successivo, cioè il 2003-2004. Della vicenda ce ne occupammo nei dettagli dalle pagine di questo stesso giornale proprio quattro anni fa e auspicammo una reazione d’orgoglio della città. Anche se con qualche “annetto” di ritardo sembra infine che la reazione ci sia stata. Apertura del Fondo e congresso sono alle porte.
Andando tuttavia a sbirciare oltre l’ufficialità sono molti i dubbi e le perplessità che nascono, semplicemente osservando la realtà dei fatti da potenziali fruitori del fondo. A cominciare dal locale scelto. Il professore Cupaiolo nell’intervista che ci rilasciò nel 2004 aveva parlato di una “collocazione privilegiata” per il prezioso lascito. Beh, non si tratta certo di un fondo scala, ma neanche di una posizione privilegiata: i libri e le riviste occupano una parte delle scaffalature di una stanza di un’area di passaggio del primo piano della Biblioteca della Facoltà di Lettere; il rimanente spazio della “stanza” sarà adibito a libri provenienti da altri istituti di lingue. Tutto la restante parte del lascito, ossia l’archivio che comprende oltre alla già citata corrispondenza, molte stampe, disegni e altro materiale iconografico, non si capisce bene dove sarà collocato. Insomma quello che si potrà vedere con gli occhi saranno per il momento solo libri e giornali; lo spazio non è dotato neanche di tavoli da lettura e consultazione; un’idea di fondo ben diversa da quella che ci si auspicava e cioè di un ambiente dedicato unicamente all’oggetto degli studi dello slavista. All’occhio del visitatore attuale nulla lo distingue dal resto che lo circonda. C’è da chiedersi allora: cosa inaugurerà il figlio di Pasternak che giunge appositamente dalla Russia? Taglierà un nastro? E se, dove?
Sono corse voci in questi giorni di una sorta di inaugurazione “virtuale”. Che significa virtuale? Si sono smobilitati i guru della slavistica per un’inaugurazione virtuale? La risposta migliore che si possa dare è che è stato pubblicato su internet il catalogo delle opere monografiche e dei periodici del fondo e quindi in questo senso si può affermare che parte del fondo è a disposizione del pubblico. Ma volendo essere più realisti, sembra che quel virtuale significhi altro: intanto facciamo il convegno e inauguriamo il fondo almeno formalmente, poi si vedrà.
La presenza a Messina della figlia dello slavista la scorsa settimana forse sarà servita allo scopo di accelerare i tempi di una realizzazione che sia più adeguata al valore e al significato di un materiale che molte altre università ci invidiano. Certo è che in questi lunghi quindici anni l’università ha dato lustro al suo insigne docente soltanto in un’occasione: pubblicando nel 1996 un’antologia degli scritti dello slavista, “Scritti di letteratura e cultura russa”; iniziativa pregevole anche per la qualità del prodotto, ma i cui meriti scientifici debbono ascriversi ad una persona al di fuori dell’università, la moglie dello slavista Dina Rinaldi, oggi scomparsa. Mai nessuna manifestazione pubblica, una conferenza, un dibattito, un’iniziativa di qualunque genere che ricordasse in qualche modo l’immenso lavoro che Zveteremich ha compiuto per far conoscere, non solo in Italia, pagine memorabili della letteratura e della storia russa. Il convegno imminente è una sicura occasione di riscatto. Ma non basta. Il Fondo ha bisogno di una vita reale. I ricordi e le commemorazioni non basteranno.
Un po’ di storia
Sono trascorsi esattamente quindici anni da quando nei primi giorni di aprile del 1993 giungevano all’Università di Messina sedici grandi casse che raccoglievano tutto il patrimonio culturale di Zveteremich, uno slavista poliedrico che non era stato soltanto un accademico. L’ex Facoltà di Magistero l’aveva avuto tra i suoi docenti fino al giorno della sua morte, giunta improvvisamente nell’ottobre del 1992, e aveva raccolto il lascito degli eredi che adempivano ad una precisa volontà dello studioso. L’interesse per i contenuti di quelle casse era altissimo, non si trattava solo di libri e riviste, spesso rare, ma di una raccolta di lettere, manoscritti e dattiloscritti che testimoniavano dei legami diretti di Zveteremich con scrittori e intellettuali protagonisti degli anni durissimi della letteratura russa in epoca sovietica. Erenburg, Pasternak, Sinjavskij sono solo alcuni dei nomi degli autografi che costituiscono parte integrante del lascito.
I giornali locali già nell’autunno del 1994 danno come imminente l’apertura del Fondo. Evidentemente però difficoltà di natura burocratica si frappongono tra la buona volontà delle parti e solo nel 1996 viene firmato l’atto giuridico della donazione. A questo punto sembra fatta! Gli studiosi e gli appassionati di cultura e storia russa incominciano a fregarsi le mani in attesa di poter “godersi” dal vivo quel patrimonio. Ma improvvisamente cala il silenzio, tra la stizza dei famigliari dello slavista e dei potenziali fruitori e l’immobilismo delle autorità universitarie, che si svegliano solo nel 2002, annunciando per la seconda volta l’apertura del fondo nell’ambito di un convegno che avrebbe dovuto svolgersi a dieci anni dalla morte. Sono soltanto parole perché per il fondo non c’è ancora un’ubicazione certa e non è stata fatta nessuna catalogazione. I famigliari intervengono e bloccano celebrazioni senza senso e si affidano agli avvocati; la sostanza del messaggio è: o rendete fruibile il fondo nel più breve tempo possibile – condizione sine qua non presente negli atti della donazione - o ci riprendiamo tutto. Questa volta la Facoltà di Lettere, la quale nel frattempo aveva assorbito molti dei corsi di laurea dell’ex Magistero, si smuove e nella persona del suo preside di allora, il professore Giovanni Cupaiolo, promette solennemente alla figlia dello slavista, Erica Zveteremich, che il fondo sarebbe stato aperto nella nuova sede della Facoltà entro l’anno accademico successivo, cioè il 2003-2004. Della vicenda ce ne occupammo nei dettagli dalle pagine di questo stesso giornale proprio quattro anni fa e auspicammo una reazione d’orgoglio della città. Anche se con qualche “annetto” di ritardo sembra infine che la reazione ci sia stata. Apertura del Fondo e congresso sono alle porte.
Nodi irrisolti
Andando tuttavia a sbirciare oltre l’ufficialità sono molti i dubbi e le perplessità che nascono, semplicemente osservando la realtà dei fatti da potenziali fruitori del fondo. A cominciare dal locale scelto. Il professore Cupaiolo nell’intervista che ci rilasciò nel 2004 aveva parlato di una “collocazione privilegiata” per il prezioso lascito. Beh, non si tratta certo di un fondo scala, ma neanche di una posizione privilegiata: i libri e le riviste occupano una parte delle scaffalature di una stanza di un’area di passaggio del primo piano della Biblioteca della Facoltà di Lettere; il rimanente spazio della “stanza” sarà adibito a libri provenienti da altri istituti di lingue. Tutto la restante parte del lascito, ossia l’archivio che comprende oltre alla già citata corrispondenza, molte stampe, disegni e altro materiale iconografico, non si capisce bene dove sarà collocato. Insomma quello che si potrà vedere con gli occhi saranno per il momento solo libri e giornali; lo spazio non è dotato neanche di tavoli da lettura e consultazione; un’idea di fondo ben diversa da quella che ci si auspicava e cioè di un ambiente dedicato unicamente all’oggetto degli studi dello slavista. All’occhio del visitatore attuale nulla lo distingue dal resto che lo circonda. C’è da chiedersi allora: cosa inaugurerà il figlio di Pasternak che giunge appositamente dalla Russia? Taglierà un nastro? E se, dove?
Sono corse voci in questi giorni di una sorta di inaugurazione “virtuale”. Che significa virtuale? Si sono smobilitati i guru della slavistica per un’inaugurazione virtuale? La risposta migliore che si possa dare è che è stato pubblicato su internet il catalogo delle opere monografiche e dei periodici del fondo e quindi in questo senso si può affermare che parte del fondo è a disposizione del pubblico. Ma volendo essere più realisti, sembra che quel virtuale significhi altro: intanto facciamo il convegno e inauguriamo il fondo almeno formalmente, poi si vedrà.
La presenza a Messina della figlia dello slavista la scorsa settimana forse sarà servita allo scopo di accelerare i tempi di una realizzazione che sia più adeguata al valore e al significato di un materiale che molte altre università ci invidiano. Certo è che in questi lunghi quindici anni l’università ha dato lustro al suo insigne docente soltanto in un’occasione: pubblicando nel 1996 un’antologia degli scritti dello slavista, “Scritti di letteratura e cultura russa”; iniziativa pregevole anche per la qualità del prodotto, ma i cui meriti scientifici debbono ascriversi ad una persona al di fuori dell’università, la moglie dello slavista Dina Rinaldi, oggi scomparsa. Mai nessuna manifestazione pubblica, una conferenza, un dibattito, un’iniziativa di qualunque genere che ricordasse in qualche modo l’immenso lavoro che Zveteremich ha compiuto per far conoscere, non solo in Italia, pagine memorabili della letteratura e della storia russa. Il convegno imminente è una sicura occasione di riscatto. Ma non basta. Il Fondo ha bisogno di una vita reale. I ricordi e le commemorazioni non basteranno.
Giuseppe Iannello
da "Centonove" del 10/4/2008.