CVETAEVA, Marina Ivanovna (1892-1941) | [prec.] [29] [succ.] |
Tornate a Mosca il 18 agosto, le due amiche continuano a
frequentarsi, ma le poesie di Marina hanno ormai un altro destinatario: Lord
Byron! – M’avete già scordato! Lord Byron è Osip Mandel’shtam. Del suo amore con Marina abbiamo già
parlato [1].
Nell’autunno, e ancor più nell’inverno, basta un nonnulla per
suscitare screzi fra le due amiche. Ne riporto qui uno, di cui Marina
parla nella Lettera a Kuzmin, del 1921:
“Sonja non voleva che andassi a quella serata [in
cui si sarebbe esibito Kuzmin]. Lei non poteva, le doleva la testa. E
quando le duole la testa – e la testa le duole sempre – è
insopportabile. Ma a me la testa non doleva. Mai avuto mal di testa, io!
Non m’andava assolutamente di restare a casa – prima cosa per via di
lei, poi perché là ci sarebbe stato Kuzmin, e avrebbe recitato le sue
poesie. – Sonja, non ci andrò!
– Perché
no? Tanto sarò lo stesso fuori di me – Ma mi spiace per Voi! – Là ci
sarà molta gente, Vi divertirete – No, mi spiace troppo per Voi – Non
sopporto la compassione. Andate, andate. Pensate, Marina, che là ci sarà
Kuzmin, e declamerà le sue poesie.” –
“Sì, lui declamerà, ma quando tornerò voi mi tormenterete, e
io piangerò”. Marina comunque va. “C’era un sacco di gente. Non
ricordo nessuno in particolare. Dovevo andare via subito. Ero appena
arrivata – e subito dover uscire! (Come da ragazzi, sapete?) E tutti: -
ma Kuzmin deve ancora lèggere!...- E
io, seria: – Ho un’amica
a casa. – Ma Kuzmin deve ancora declamare! -
E io, lagnosa: - Vi dico che ho un’amica a casa. – Un leggero
sorriso, e qualcuno sbotta: “Voi parlate come se a casa ci aveste un
bambino. L’amica può aspettare”. E io, fra me: “Sì, col cazzo che
aspetta!” L’episodio risale alla fine d’anno del 1915: Marina e Sonja erano andate a passarlo insieme a Pietroburgo, fra
concerti e serate letterarie (in cui rivedono anche Mandel’shtam).
Tornano a Mosca il 20 gennaio. Pochi giorni dopo è Mandel’shtam che va
a Mosca, da dove riparte il 5 febbraio, ma a fine mese è di nuovo a
Mosca. Ecco che arriva la
rottura. E’ Marina che parla: «Nel febbraio del 1916
ho rotto con Sonja. Dopo due giorni ‘mandel’shtamiani’ – era la
prima assenza [da Sonja] dopo anni – arrivo da lei e sul letto ci
trovo seduta un’altra: enorme, grassa, nera”. L’ ”altra” era l’attrice di teatro L. V. Erarskaja, che svolgerà un ruolo importante nel futuro di Sonja. Marina ricorderà quel momento come la prima catastrofe della sua vita. Anche Sonja va a far parte definitivamente dei ricordi, della legna bruciata nella stufa del cuore. Due mesi dopo la ricorderà, di nuovo col “tu”, ma scongiurando ogni possibile ritorno di fiamma: [1] v. nota precedente.
|
|
В
оны дни ты
мне была, как
мать, Я
в ночи тебя
могла
позвать, Свет
горячечный,
свет
бессонный, Свет
очей моих в
ночи оны. Благодатная,
вспомяни, Незакатные
оны дни, Материнские
и дочерние, Незакатные,
невечерние. Не
смущать
тебя пришла,
прощай, Только
платья
поцелую
край, Да
взгляну
тебе очами в
очи, Зацелованные
в оны ночи. Будет
день — умру — и
день —
умрешь, Будет
день — пойму —
и день —
поймешь. И
вернется
нам в день
прощеный Невозвратное
время оно. |
Come
una madre fosti a me in quei giorni: Ti
potevo chiamare nella notte, Luce
della mia febbre, luce insonne, Luce
degli occhi miei di quelle notti. Benedetta,
non scordarti Di
quei giorni senza fine, D’una
madre e d’una figlia, Senza
sere né tramonti. Non
son venuta ad angosciarti, addio, Bacio
soltanto il lembo della veste, E
ti guardo con gli occhi dentro gli occhi, Gli
occhi che ho strabaciato in quelle notti. Morirò
— un giorno — e un giorno — morirai, Capirò
— un giorno — e un giorno — capirai. E
tornerà, nel giorno del perdono, Per
noi quel tempo che non ha ritorno.
|
Ugualmente Sonja si ricorderà di Marina (di cui terrà una foto sulla scrivania, fino alla morte):
Девочкой
маленькой
ты мне
предстала
неловкою.
Сафо [1] «Девочкой
маленькой
ты мне
предстала
неловкою»—
Вспомнилось,
как поцелуй
отстранила
уловкою,
Но под
ударом
любви ты—что
золото
ковкое! [1] Eraman men ego sethen, Atthi, palai pota... /smikra moi pais emmen’efaineo kaharis. Ci fu un tempo in cui, Attide, t’ho amata.../ Una bimba impacciata mi sembrasti. La versione russa usata da Sonja è di Vjacheslav Ivanov. |
Una
bimba impacciata mi sembrasti. “Una
bimba impacciata mi sembrasti” – Ricordo
con che arte rifiutasti Sotto
i colpi d’amore però tu –
|
Ma vorrà lasciare un confettino per Sergej, il “primo” di Marina:
Не ты, о юный,
расколдовал
ее.
|
Non tu, ragazzo, hai rotto il suo incantesimo.
|
Traduzione e note dal russo di F. Gabbrielli.