di
Anna Condello
Reggio Calabria, 27 novembre
1992
Riproduciamo qui di seguito la trascrizione della conversazione col poeta così come si è svolta, mantenendo la successione degli argmenti affrontati nel loro spontaneo e "disordinato" affiorare.
Lei molto spesso usa le anafore. E' possibile che
la ripetizione delle parole sia
legata alla monotonia della vita?
Questa
è una giusta osservazione. Vi dirò una cosa. Io non so come era prima, ma
adesso, negli ultimi dieci o quindici anni, diciamo dieci, del tutto
consapevolmente, cerco di liberare i versi da effetti esteriori. Cioè, cerco
di non alzare la voce, ma, al contrario, di diminuire la voce. Per di più,
cerco, effettivamente, di essere monotono. E questo non è legato alla
monotonia della vita; questo prima di tutto è legato - se io posso ragionare
sensatamente su ciò di cui mi occupo - al tema principale - se io ho un tema
- il tema del tempo. Poiché il tempo, in sostanza è monotono: tic-tac,
tic-tac, tic-tac....
Non
ricordo quando fu, quindici anni fa, ho letto i versi di un greco, secondo me,
era Leonida da Taranto. Di lui ricordo due o tre versi. Questa è una
parafrasi libera: «Nel corso della tua vita cerca di assomigliare al tempo,
cioè non alzare la voce, cerca di essere monotono, ma se non ti riesce, -
aggiunge Leonida - non ti disperare, perché quando morirai
Lei ha scritto Elegie
Romane. Che cosa ha provato quando è stato a Roma?
Secondo
me, è tutto scritto in quei versi. Non ho assolutamente niente
d'aggiungere. Andai a Roma e non era la prima volta, mi pare la quarta o la
quinta volta. Alloggiai all'Accademia Americana a Roma. Ebbi una storia
d'amore con una ragazza del posto. Il suo nome appare in un verso, ma è
nascosto fra quei nomi classici. Questo è il lato obiettivo, il sottofondo
fattuale di questo ciclo. Oltre a ciò, una volta ho letto Elegie
Romane di Goethe. Esse erano scritte in esametro, senza rima, ma la
situazione in cui si trovava Goethe a Roma era analoga, più precisamente, la
mia situazione a Roma era analoga a quella di Goethe. Non avevo nessun'altra
intenzione. Semplicemente, scrissi i versi su ciò che pensavo, che sentivo e,
in quel momento, volevo mettere sulla carta. E questo per la parte che
riguarda Roma. Ma come sempre quando si scrive su qualcosa, si aggiunge
qualcosa della vita precedente o, se ci si riesce, dalla vita futura. Non ho
decisamente niente da aggiungere a proposito di Elegie
Romane.
Vorrei sapere se c'è una somiglianza fra Roma e
qualche città della Russia, per esempio San Pietroburgo?
No.
L'unica che assomigli a Roma, che ha una certa somiglianza con Roma, è New
York. E' lo stesso principio imperiale, cioè lo slancio verso la grandiosità.
Ma no, non é simile alle città russe. In via di principio,
Lei spesso usa, nei suoi versi, nomi tratti dalla
mitologia greca. Che significato ha per Lei?
Non
so quale significato ha per me. Cercherò di spiegarlo. Tutto questo materiale
è parte della civiltà alla quale appartiene la Russia. La Russia, la cultura
russa, è parte della civiltà cristiana. E non c'è niente di sorprendente
che un autore russo, un autore di lingua russa, usi questo materiale. Cioè,
in esso non c'è niente di sorprendente e non sono il solo a trattarne. Ogni
russo, più o meno colto, ce l'ha nel suo vocabolario e nella sua coscienza.
Questo in primo luogo. In secondo luogo nei versi, abbastanza spesso, ogni
poeta, credo, più o meno, tenta di paragonarsi con il passato, con il passato
della letteratura, con il passato della cultura, con il passato della poesia.
Ed ogni poeta, prima o poi, indossa su di sè, ovvero prova su di sè, la
maschera dell'antichità, o cerca nell'antichità qualche precedente o
archetipo. Gli archetipi non sono poi molti. La storia degli ultimi duemila
anni è povera, in un certo senso, e ci ha fornito quattro, cinque o sei
archetipi di comportamento. Cioè, l'uomo può essere coraggioso, buono,
canaglia.... Non ci sono poi tante varianti. Per di più, specialmente i
poeti, ho notato - non solo io - tentano sempre di trovare per loro un
prototipo proprio nella
Molto spesso i critici paragonano le Sue poesie ...
Oh,
poesia! I versi possono essere versi, ma possono non essere
Molto spesso i critici paragonano Lei con i poeti
metafisici inglesi, ad esempio Jonh Donne. Lei ritiene che si possa fare tale
paragone, e che cos'è per Lei la metafisica?
Non
mi definisco un poeta metafisico. Riguardo alla metafisica, chieda a qualcuno
in chiesa, non a me. Riguardo a Donne, provo a rispondere brevemente. Il fatto
è che, quando avevo ventitré anni, se non sbaglio, lessi qualche verso di
Donne. Essi mi fecero una forte impressione. Mi fecero impressione non solo
per la loro profondità e per il sistema metaforico assolutamente
straordinario e il sistema metafisico. Mi fecero impressione prima di tutto
per la struttura della strofa. Il fatto è che, la poesia russa, nel senso
della struttura della strofa, è abbastanza monotona. Di solito, c'è la
quartina, l'ottava rima, che cosa ancora?..., il sestetto ecc... Ma non più
di questo. Le strofe, più o meno, sono terribilmente banali: o couplet o
distico. In Donne la strofa è estremamente complicata, estremamente
interessante, cioè l'architettura delle strofe è
estremamente interessante. In essa è combinato il multiforme sistema
della rima. E questo mi ha un pò eccitato. E ho pensato: non è possibile
fare questo in russo?
Paragonarmi
a Donne è impossibile, penso, perché sono, per di più, un poeta più povero
di Donne. Cioè, sono meno intelligente, meno profondo e meno colto. E quindi
il paragone non è molto fondato. Ma il scrissi una volta una lunga poesia: Grande
Elegia a John Donne, e tutti si sono lanciati lì, in quella direzione.
Perché là, effettivamente, ritengo che, per un osservatore imparziale i
versi che io ho scritto - e che scrivo - non siano molto simili a quello a cui
siamo abituati nella poesia russa. Ma questo non significa che sono simile a
Donne. Molto spesso si dice questo, lo sento, leggere praticamente è
impossibile. Molto spesso i critici, i ricercatori, i giornalisti, dicono che
nella mia poesia c'è una forte influenza inglese. E' un pensiero
semplice, perché, dal momento che vivo in un paese anglofono da vent'anni,
l'influenza esiste. Tuttavia non so in cosa consista. Credo che chiedermi
questo sia assurdo, perché per me rispondere a questa domanda, è come per il
gatto acchiappare la propria coda. Si può acchiappare, ma questa è sempre lo
stesso gatto.
Lei si attiene a qualche schema metrico quando
compone?
No.
Esso sorge da se mentre componi. Sorge qualcosa che viene in
Ma
ecco un semplice esempio: c'è una meravigliosa poesia di Pasternak,
'Maddalena'. E questa poesia su che cosa è' La poesia è sulla
Crocifissione e l'Ascensione. Ma, da qualche parte, nella sesta strofa,
tutto cambia. Egli è già crocifisso ecc... E nel senso della dottrina
religiosa, del soggetto
religioso, non c'è più niente, non è più detto niente. Ma puramente la
necessità musicale della poesia, obbliga Pasternak ad andare avanti ed egli
esce dai limiti del dogma:
La
gente prima delle Feste fa le pulizie
In disparte da questo trambusto
Io lavo con l'olio santo del secchiello
I piedi purissimi tuoi.
I tuoi piedi ho appoggiato sul lembo dei vestito
Li ho bagnati di lacrime, Gesù,
Un filo di collana ho avvolto intorno a loro,
Nei capelli ho nascosto, come in burnus
Il futuro vedo così nitidamente,
Come se tu l'avessi fermato.
Io adesso sono capace di predire.
Con saggia chiaroveggenza di sibilla.
Domani cadrà la tenda nel tempio,
Noi ci raduneremo in circolo in disparte,
E la terra vacillerà sotto i piedi,
Forse, per pietà verso di me.
Si allineeranno le file della scorta,
E comincerà la partenza dei cavalieri
Come il turbine nella bufera, sopra la testa
Questa croce bramerà il cielo.
Basta.
Il soggetto è esaurito: «questa croce bramerà il cielo». Ha bisogno di
elevarsi e dice:
Mi getterò sulla terra ai piedi del crocifisso
Mi sentirò gelare il cuore e mi morderò le labbra.
Di troppo le braccia per un amplesso
Tu allargherai alle estremità della croce.
Queste
sono parole sorprendenti. E' una eresia. Infatti:
Per chi al mondo tanta spaziosità,
Tanto tormento e tale potenza?
Ci sono tante anime e vite nel mondo?
Tanti villaggi, fiumi e boschi?
Ma passeranno tre giorni tali
E faranno cadere in tale vuoto
Che in questo terribile intervallo
Io raggiungerò la resurrezione.
Cioè,
il soggetto si esaurisce, ma la necessità vocale lo obbliga a salire ancora
più lontano. Ed egli esce dai limiti della dottrina religiosa. Oltre a ciò
bisogna ancora tener presente che questo parla di una donna, cioè Maddalena,
di cui è noto che sia una puttana. Questa è una poesia sconvolgente:
Di troppo le braccia per un amplesso
Tu allargherai alle estremità della croce.
Cioè,
qui la logica è fenomenale. Ma questo, proprio perchè la necessità vocale
lo obbliga a salire oltre.
Quando Lei scrive, ritorna su quanto ha scritto,
modifica qualcosa, cioè lavora sui versi?
Talvolta
si, talvolta no. Più spesso no. Perché tornare su ciò che hai scritto,
specialmente dopo un mese, dopo due, è impossibile. Tu sei già un altro
uomo. Sempre in qualche luogo, te ne vai da te stesso.
Non io scrivo versi
Essi come un libro scrivono me
E il corso della vita li fa nascere.
Quando
scrivi versi non scegli la misura. Ma visto che già usi una data misura,
cerchi di ottenere una certa perfezione della forma. Penso che io non sono
solo formale, sono formale in modo folle. Non solo per fare un'impressione
favorevole sul lettore, ma per annichilirlo.
...Ad esempio, Enigma
ad un angelo. Potrebbe spiegarmi cosa significa:
Due barche affondano nelle conversazioni
che le scarpe nella stanza brillano,
ma alle ostriche non schiacciano le valve.
Le
scarpe sono le barche, esse stanno accanto al letto, sul pavimento.
Assomigliano alle barche. Un determinato tipo di scarpe si chiama così:
barchette. Esse non camminano, non si muovono sulla sabbia, adesso. Sono come
barche trascinate sulla sabbia. Cioè, le barche sono fuori
E ancora:
Una calza strappata su di una pietra,
curvata nel buio, come un cigno,
guarda il soffitto dalla svasatura,
come se fosse una rete che si annera.
Questa
è una doppia metafora, un doppio confronto. Una calza - quando c'erano le
calze e non i collant, ai vecchi bei tempi - quando è appesa sullo schienale
della sedia, allora l'estremità più larga, guarda il soffitto. Essa si
piega come se fosse il collo di un cigno, ed è effettivamente simile ad una
rete che prende i pesci. Tutto qui, niente di straordinario.
Semplicemente
la ragazza dorme, si è tolta tutto. E' molto interessante da vedere.
Soprattutto per ... Non per lei. A quel tempo era tutto abbastanza nuovo.
Poi, di nuovo, ritorna l'immagine dei due mari
divisi. Lei parla delle reti:
Due mari grazie al muro,
grazie alla mente oscura,
qui cosi scissi,
che le reti nel buio pendono
vuote in questo abisso,
tuttavia aspettano l'emersione
dal filo gettato attraverso la croce,
nella finestra che li unisce entrambi.
La
croce è la cornice della finestra, e se vuoi avete mai visto un argano che
tira la rete fuori dall'acqua, anch'esso è cruciforme. E per tirare le
reti fuori dall'acqua, si mette in moto, gira, è meccanico. Ed ecco che
questa croce gira e tira fuori dall'acqua la rete, vuota o con i pesci.
Aspetta l'emersione. E quindi, sia la calza che la rete pendono, più o
meno, da questa croce nella finestra. E' uno sguardo alla finestra e uno
sguardo dalla finestra nella stanza. Pressappoco così. Niente di particolare.
Non è complicato. La croce è come se rappresentasse un filo che unisce, un
elemento che unisce la calza - e di qui il filo - e la rete. E la calza si
riempie la mattina, quando lei l'indossa, e la rete si riempie quando i
pescatori la tirano fuori..
Sono
versi di trent'anni fa!
...E più avanti si legge:
Ma immobile è la casa, e lo steccato
nel buio si tuffa con i galleggianti,
e un'ascia piantata nell'ingresso
solo segue i segni della fluttuazione.
Sullo
steccato, di solito, si appendono i vasi di terracotta. Per ciò che riguarda
i legni della fluttuazione, è chiaro? Essi sono travi che la risacca getta
sulla riva.
Che legame c'è fra lo steccato e le travi?
E'
semplicemente la descrizione dell'esterno, della casa. Tutto è orientato
verso il mare. Cioè, lo steccato è simile ai galleggianti.
E l'ascia?
E
l'ascia è interessata a quei ceppi, a qual legno che il mare rigetta. Perché
l'ascia, quando questo legno si tirerà fuori, dovrà spaccarlo. L'ascia
ha un suo diretto interesse.
Dove ha scritto questa poesia, dove vedeva tutto
questo?
In
Estonia. Il posto si chiama Pirta. E' un piccolo villaggio di pescatori non
distante da Tallin, a 60 Km.
Di nuovo Lei parla delle ostriche e dice:
mentre preme le ostriche nella sabbia
col piede, un incorporeo osservatore.
Questo
è evidentemente un angelo che cammina. E voglio ancora dire che cosa c'è
dietro questo. Le ostriche, veramente, non sono ostriche. Sono fili. Hanno
gusci ellissoidali e sono molto simili a degli occhi chiusi. E questo angelo
cammina. Esiste un legame abbastanza diretto fra questa poesia e una poesia
scritta da qualche parte nel 1970 o 71, non ricordo, che si chiama Sei anni dopo. Là c'è la stessa idea del sogno e la mano che
chiude gli occhi. La mano maschile che chiude gli occhi di una donna, come se
acchiappasse una farfalla. Quando si chiudono gli occhi le ciglia si muovono,
come se fossero una farfalla catturata.
Questa
è la prima volta nella vita che io spiego versi a chicchessia!
Chi è Mademoiselle Veronique?
Mademoiselle
Veronique è una mia conoscente. E' francese. E' un'insegnante, insegna
filologia e archeologia classica alla Sorbonne. Siamo nel 1967 - 68. E' un
personaggio reale. E questa è una poesia eccezionale. Lo penso fino ad oggi.
E sono, vedete, vecchie poesie alle quali ti riferisci. Ho molta simpatia
verso di esse. E' una poesia meravigliosa. Non capisco del tutto come l'ho
scritta, ma tuttavia...
Da quanto tempo Lei non è stato in Russia. Non
l'attrae tornare a casa?
Si
e no. Ho almeno due punti di vista su ogni cosa. Durante uno stesso giorno mi
attrae e non mi attrae. E' come ritornare dalla prima moglie. E'
interessante. Da un lato sì, dall'altro non molto. Scherzo. Non ho scelto.
Non L'hanno invitata?
Mi
hanno invitato i miei conoscenti, due o tre volte. Ma ogni volta non andava
bene il periodo. Ora insegni - io insegno per un semestre - ora hai qualche
altro impegno, devi essere anche da qualche parte.
Semplicemente, là sono tutti morti. E quelli che vivono non
sono poi così interessanti. Riguardo ai giovani, in generale, non si capisce
in quale lingua esprimersi con loro. E temo che, adesso, arrivare con questa
aureola che mi trovo si trasformi in giubilo popolare, ed essere oggetto di
esultanza non mi
Quali legami mantiene con gli altri poeti e scrittori
russi?
Molti.
Ho parecchi amici che ancora sono rimasti da quei tempi. I versi che essi
scrivono mi piacciono molto. Ogni uomo è solidale o leale nei confronti della
sua generazione. Lo voglia o non lo voglia. Sono le sole persone che
Mi ha
colpita la strana forma dei versi nelle poesie Fontana e Colloquio con un
celeste. Sono scritte in un altro modo, si distinguono dalle altre poesie.
In
parte si, sebbene non troppo. Fontana
è quasi una poesia figurativa. Sono lavori antico-alessandrini. Anch'essi
[i poeti alessandrini] scrivevano poesie in forma di trapezio, rombo ecc... E Fontana è in teoria come se fosse una piccola fontana barocca nel
palazzo Stroganov a Pietroburgo. E questa è la sua descrizione. Tento di
riprodurre in forma di strofa una fontana a più ordini. Questo da una parte.
Riguardo a Colloquio con un celeste,
in essa, mi sembra, cerco di riprodurre la forma di una croce. Il motivo
cristiano,
E,
proposito, questo è in parte ciò che io, evidentemente - come affermano - ho
imparato da Donne. Forse questo è un bell'esempio, sebbene sia poco
probabile. Per la dizione ciò non è affatto Donne. Per la dizione per
la velocità, per l'energia è un altro poeta, penso. Se si parla di
poeti inglesi, è un altro poeta, un poeta contemporaneo: Dylan Thomas, penso.
Così mi sembra almeno per le prime due righe. Dopo è già una cosa più o
meno mia. Semplicemente, la ricchezza puramente linguistica è un'altra. Ma,
di nuovo, si tratta di molto tempo fa. Quando voi ancora non eravate fra i
vivi.
C'è una grande differenza fra le poesie recenti e
le poesie che Lei ha scritto a quel tempo?
Si,
hanno completamente un altro suono, un'altra tensione vocale. Questi versi,
i primi versi, raggiungono il loro risultato. E' come se pestassero. Pesano
sulla psiche del lettore. Cercano di soggiogarlo. In questi versi ti muovi sul
lettore. Io ricordo che era come un carro armato, in modo che egli non avesse
dove nascondersi, che non potesse scansarlo, che diventasse la fisica realtà
oggettiva. Gli ultimi versi hanno completamente un altro principio. Essi
devono ammaliarvi con qualcos'altro, con la loro piena neutralità. In realtà,
bisogna dire due cose. Ogni carriera letteraria, fino ad un
certo punto, inizia da un'aspirazione interiore di automiglioramento, cioè,
se vi sembra meglio, da una aspirazione alla santità. Nel processo della
creazione risulta, molto spesso, che la vostra penna sia di gran lunga più
dotata di talento della vostra anima. E, molto spesso, diventate scrittori di
professione, poeti ed ecc... Iniziate a sottomettere il pubblico a voi stessi,
al pubblico piace tutto e voi siete già parte del pubblico e della
letteratura Ma come anima, voi, in un certo senso... Questo va in secondo
piano e voi, fino ad un certo punto, morite perfino. E' necessario uno
sforzo inverosimile, del quale non siete capaci. E non penso di esserne
capace. E' necessario uno sforzo inverosimile, per unire queste forbici
divergenti e mantenerle così. Ed ecco, per esempio Gogol'. Quando egli capì
questo, bruciò la seconda parte delle Anime
morte. E per questo bisognava farlo santo, canonizzarlo, penso. Se fossi
stato la Chiesa Ortodossa Russa, lo avrei fatto. E, quindi, penso che un poeta
evolve, non solo perché egli non vuole ripetere le stesso cose che ha fatto -
è una considerazione estremamente importante - ma prima di tutto perché la
sua anima evolve. E quello che l'anima gli suggerisce è più importante di
quello che egli può fare. E quello che - se siete d'accordo lasciamo stare
l'anima - il tempo, quando suona, gli suggerisce è più importante di ciò
che egli stesso sia capace. Forse ciò è sbagliato. Ecco tutto.
(*) Istruzioni per l'uso: salvate il font in una cartella qualsiasi, poi andate sul "Pannello di Controllo" - "Tipi di carattere" e dal Menu selezionate "File" e quindi "Installa nuovo tipo di carattere"; selezionate la cartella in cui avete salvato il font, evidenziate il font "czar" che comparirà all'interno della finestra e cliccate su "OK".